Wise Society : La lista nera degli alimenti contaminati

La lista nera degli alimenti contaminati

di Francesco Monaco
21 Aprile 2016

Dalla Coldiretti l'invito a stare in guardia nella scelta dei prodotti alimentari di importazione e l'invito a consumare prodotti a fliera corta e a chilometro zero

Prezzemolo importato dal Vietnam. Pomodori e broccoli cinesi. Peperoncini thai. Fragole e arance egiziane. Mozzarella prodotta con latte proveniente dalla Romania. Basilico indiano. Sono questi gli alimenti «incriminati» dalla Coldiretti e inseriti nella lista dei cibi più contaminati, poiché contenenti una quantità di residui chimici (derivati di fungicidi e pesticidi) oltre ogni soglia fissata dalle leggi sanitarie. Secondo la maggiore associazione degli agricoltori italiani, rappresentano un pericolo per la salute dei consumatori europei. Di sicuro costituiscono un «affronto» a quell’oro nel piatto che ormai facciamo quasi fatica a riconoscere.

LA LISTA NERA DEGLI ALIMENTI – L’allarme è scattato soltanto nelle ultime ore, ma in realtà il messaggio diffuso durante una manifestazione organizzata a Napoli – diecimila agricoltori e produttori presenti, «supportati» dal sindaco Luigi De Magistris e dal presidente della Regione Vincenzo De Luca – deriva dai dati inseriti nell’ultimo rapporto in materia rilasciato dall’Efsa (Rapporto 2015 sui Residui dei Fitosanitari in Europa), l’Agenzia europea per la sicurezza alimentare. In cima alla classifica si ritrovano i broccoli cinesi, risultati fuori norma nel 92 cento dei controlli effettuati. Poco meglio va con il prezzemolo vietnamita: 78 campioni irregolari su cento. E così via, tra basilico indiano, melograni e fragole e arance egiziane, peperoncino thailandese, meloni dominicani, piselli kenioti. Non si salva nemmeno la menta marocchina, ottima per preparare il tè ma contaminata nel 15 per cento delle analisi condotte. Non sorprende il primato negativo della Cina, da cui nel 2015 è giunto il maggior numero di prodotti irregolari: contaminati da micotossine, additivi e coloranti fuori legge. Si nota come la lista annoveri alimenti di largo consumo. E se le insidie risultano maggiormente riconoscibili per i prodotti venduti sul banco del fruttivendolo, chiamato a indicare la provenienza delle merci, più difficile è schivare il pericolo quando si ha a che fare coi prodotti lavorati. Chi produce il pesto, giusto per fare un esempio, deve indicare dove lo fa, ma non è chiamato a fare lo stesso con l’origine della materia prima.

PERICOLI (QUASI) ASSENTI NEI PRODOTTI EUROPEI – Le sostanze chimiche riscontrate in eccesso sono autorizzate per l’impiego in agricoltura. Nello specifico, però, le violazioni riguardavano le loro concentrazioni. Un aspetto che ha marcato una differenza rispetto ai prodotti d’origine europea, risultati «contaminati» soltanto nel 2,6 per cento dei casi (dunque il 97,4 rispettava i limiti di legge).  «Non c’è più tempo da perdere: occorre rendere finalmente pubblici i flussi commerciali delle materie prime provenienti dall’estero e liberare le imprese italiane dalla concorrenza sleale», ha commentato il presidente di Coldiretti Roberto Moncalvo. Chiara anche la posizione assunta dal Codacons, col presidente Carlo Rienzi: «Le sostanze chimiche contenute negli alimenti che arrivano da Cina, India, Egitto e altri paesi, mettono in pericolo la salute». Il sillogismo non è scontato, ma nemmeno da escludere. Come regolarsi, allora? Il sostegno alla filiera corta e la scelta del (vero) chilometro zero rappresentano una prima «arma» di difesa dal cibo contaminato. Riconoscere e scegliere  i vegetali di stagione è un ulteriore «scudo» con cui proteggere la tavola, in attesa che sul cibo – in quanto fonte di esposizione quotidiana per i consumatori – l’Europa decida di non fare più sconti. Nemmeno di fronte a quel «gigante» che è diventato la Cina, anche sulle nostre tavole.

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