Wise Society : La cucina povera come antidoto alla crisi

La cucina povera come antidoto alla crisi

di Mariella Caruso
17 Ottobre 2014

Presentata a Cernobbio la ricerca Censis/Coldiretti che analizza i consumi alimentari italiani: 11 milioni di persone hanno fame

La fame non è un problema così lontano da noi come apparentemente può sembrare: in Italia ci sono undici milioni di persone che non possono permettersi un pasto proteico adeguato almeno ogni due giorni. A farci prendere contatto con una realtà sempre più visibile sono i dati del rapporto “Gli effetti della crisi: spendo meno mangio meglio” elaborata da Coldiretti/Censis su dati Istat presentato nell’ambito del 14esimo Forum internazionale dell’Agricoltura e dell’alimentazione di Cernobbio. Sono numeri impietosi quelli estrapolati e mettono in luce una società che soffre: secondo il Piano di distribuzione degli alimenti dell’Agea sono 4.068.250, tra cui 428.587 bambini che hanno meno di 5 anni e 578.583 che ne hanno più di 65, i poveri italiani che nel 2013 hanno dovuto chiedere aiuto per il cibo. A questi si aggiungono i 3.764.765 italiani che, anche per pudore, hanno fatto ricorso ai pacchi alimentari. Una situazione che peggiora giorno dopo giorno con i consumi alimentari che «sono tornati indietro di 30 anni attestandosi ai livelli del 1981 e che nel 2014 sono già scesi dell’1% con picchi di -3,8% per le uova e un calo importante per la frutta il cui consumo è arrivato a meno di 323 chili all’anno a famiglia e al di sotto di quei 400 gr a persona raccomandati dall’Oms», ha aggiunto il presidente di Coldiretti, Roberto Moncalvo.

CUCINA POVERA. Il Paese sta cambiando, non è più quello di prima della crisi con le logiche della sobrietà e i valori di un rapporto non più compulsivo con i consumi, dove qualità non vuol quantità, che si stanno via via affermando. Il 45,4% degli italiani cerca la qualità e la genunità e il 39,1% compra facendosi guidare dal prezzo. Non è un caso che il 48,1% degli italiani ha ridimensionato gli sprechi alimentari e il 12,3% (ovvero ben 3,1 milioni di persone) ha dovuto tagliare i consumi. Uno degli effetti positivi della crisi è il ritorno alla cucina povera e il recupero degli avanzi che «fa registrare, con ricette come frittate di pasta avanzata, bucce di patate fritte e altre recuperata dalla cultura contadina, un processo di ricostruzione del rapporto – ha detto Moncalvo – che lega il cibo che portiamo a tavola con il lavoro necessario per prepararlo».

IL RUOLO DELLA FAMIGLIA. Le difficoltà economiche hanno rinsaldato i legami familiari e riscoperto il valore del pasto consumato attorno alla stessa tavola: il 61,8% delle famiglie italiane consumano almeno un pasto tutti insieme, mentre il 14,3% si siedono a tavola per fare insieme tutti e tre i pasti della giornata per sette giorni alla settimana. Il motivo, spiegano da Coldiretti/Censis, non è strettamente di sostegno economico, ma anche di aiuto psicologico. La tavola, come accadeva nelle civiltà contadine, rinsalda le relazioni con la cena che è il pasto più unificante con 8,8 milioni di famiglie italiane che la considerano insieme.

I CIBI SCADUTI NON SI BUTTANO PIÙ. La crisi economica induce gli italiani ad accumulare riserve alimentari, soprattutto in caso di offerte così come accadeva nei periodi di guerra. Gli acquisti vengono effettuati senza preoccuparsi delle scadenze degli alimenti: l’81% degli italiani, infatti, non buttano il cibo scaduto, con una percentuale che è aumentata del 18% dall’inizio del 2014. Inoltre gli italiani sono tornati alla “lista della spesa” che viene utilizzata dal 49,8% delle persone anche per non incorrere negli acquisti d’impulso (34,5%).

IL RITORNO AI FORNELLI E ALLA “GAVETTA”. Cucinare non viene considerato più un dovere (4%), soprattutto per i giovani dai 18 ai 35 anni che cucinano per passione (38,6%), per gratificarsi (24,5%) e rilassarsi (24,4%). A cucinare di più sono sempre le donne, 20 milioni. Ma aumentano gli uomini ai fornelli: 7,4 milioni di single cucinano da sé senza ricorrere ai cibi pronti. Ci sono anche 13,8 milioni di lavoratori che consumano cibo preparato in casa con un aumento del 15% nell’ultimo triennio. C’entra la crisi, ma c’entra anche il bisogno di sapere che il proprio pranzo sia sano. «Preparare in casa il pane, la pasta, le conserve o lo yogurt è una passione, fa risparmiare e garantisce la salubrità. Ciò significa – ha osservato Moncalvo – che esiste una generazione che vede una prospettiva di lavoro nell’agricoltura e nel cibo».

OGM. È un no deciso quello della Coldiretti agli Ogm. «Sappiamo che la comunità scientifica è divisa su questo fronte, ma il nostro no è di natura socioeconomica e a favore di tutte le agricolture del mondo – ha concluso Moncalvo -. La tradizione, la biodiversità e la morfologia del territorio italiano sono incompatibili con gli Ogm. Questi ultimi, poi, in qualsiasi paese mettono in discussione la sopravvivenza delle comunità rurali che si scontrano con gli interessi di poche multinazionali che perseguono il massimo profitto agricolo».

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