Wise Society : Il gusto s’impara già nella pancia di mamma

Il gusto s’impara già nella pancia di mamma

di Mariella Caruso
27 Novembre 2014

I bimbi messicani amano il piccante, quelli inglese il "marmite". Ma tutti conoscono il gusto dell'amuchina. Come educarli ai sapori lo spiega la ricercatrice Gabriella Morini

Paese che vai, caramella che trovi. Non ci credete? Allora fate attenzione perché se comprate un lecca lecca per il vostro bambino in Messico potrà capitargli di trovarci dentro, come sorpresa, un gusano rojo, la stessa larva che “impreziosisce” la tequila. «Attraverso la caramella i bambini emulano il mondo degli adulti: così come da noi tempo fa c’erano i chewing gum a forma di sigaretta, in Messico c’è il lecca lecca con il gusano come nella tequila», spiega a wisesociety.it Gabriella Morini, ricercatore in chimica organica dell’Università di Scienze gastronomiche di Pollenzo che, insieme allo chef Andoni Luis Aduriz e al sociologo Iñaki Martínez de Albeniz sta conducendo uno studio internazionale sulle caramelle e sulle modalità in cui vengono date ai bambini come premio, passando dagli aspetti culturali a quelli gustativi.

Ed è così che si scopre che negli Stati Uniti, dove convivono comunità diverse, non c’è un gusto uniforme per questa “ricompensa”. «I bimbi con origini sudamericane, per esempio, preferiscono le caramelle dal sapore piccante – continua Morini -. Ma questo è un discorso che, al di là, della caramella in sé è valido anche in altri ambiti. In Inghilterra a colazione è usuale spalmare sul pane la “marmite”, un estratto di lievito che per noi è terribile, ma per chi è abituato sin da piccolo è la cosa più buona del mondo. Idem per il burro di arachidi che Oltreoceano è considerato il sapore della fanciullezza».

NELLA FORMAZIONE DEL GUSTO la «componente genetica esiste, ma non è poi così importante», chiarisce la ricercatrice. I gusti fondamentali e riconosciuti sono sei: dolce, grasso, salato, acido, amaro e umami. «A livello innato i bambini amano il dolce, l’umami identificato nel latte materno, il grasso e il salato mentre non amano tutto ciò che è amaro o acido – continua -. Però poi da adulti quasi tutti amiamo la birra e il caffè, quindi vuol dire che la percezione dei gusti cambia perché nel tempo impariamo che non tutte le sostanze amare sono tossiche, anzi alcune fanno davvero molto bene come l’olio d’oliva che quando è buono è amaro e pungente».

IL GUSTO È QUESTIONE D’EDUCAZIONE e comincia durante la gravidanza. «L’alimentazione della madre nei mesi in cui il bimbo viene portato in grembo è importante perché i sapori passano attraverso il liquido amniotico – fa notare Morini -. A essere importante è anche l’allattamento al seno perché le sostanze che hanno sapore passano nel latte e il bambino viene esposto al gusto. Poi, naturalmente, importantissimo lo svezzamento durante il quale è necessario ampliare il più possibile la gamma dei sapori utilizzando molte verdure che, notoriamente, essendo amare e tanniche non sono molto amate dai bambini. Ma, visto che noi mangiamo quello che ci piace e ci piace quello che conosciamo, è bene che i bambini conoscano al più presto possibile una grande varietà di sapori».

GUSTO E GRAVIDANZA – Durante la gravidanza, oggi, c’è la tendenza – su consiglio dei ginecologi – a limitare, o addirittura ad abolire, il consumo di verdure. «Oggi diversi studi di epigenetica hanno dimostrato come l’alimentazione della madre durante la gravidanza influisca sulla salute dell’adulto di domani che può sviluppare patologie come la sindrome metabolica o il diabete. E tra le sostanze che fanno benissimo, per esempio, ci sono cipolla, aglio, broccolo e in genere tutte le verdure, gli ortaggi e la frutta generalmente sconsigliate».

BAMBINI “MONOGUSTO” – «Quando mi capita di incontrare i pediatri e le mamme di bimbi piccoli, un po’ per ridere, dico che il sapore più conosciuto dai bambini è quello dell’amuchina utilizzata per lavare le verdure», argomenta la docente. «Nella vita è solo questione d’abitudine e le buone abitudini si devono prendere da piccoli, perché poi cambiarle è difficile». La verità è che insegnare il linguaggio del gusto ai bambini è faticoso. «I più piccoli tendono a sputare ciò che non conoscono, in particolar modo se è amaro o acido – spiega -. Se una mamma rinuncia dopo i primi tentativi, il bambino non imparerà mai a conoscere gli altri sapori perché, generalmente, l’accettazione di un cibo ostico al gusto arriva dopo sette o otto imposizioni». Ma la cosa più importante resta la fame. «I bambini – conclude – accettano il “nuovo” quando hanno fame. In una civiltà come la nostra, abituata a mangiare troppo e nella quale l’unica preoccupazioni è che i bambini mangino, forse un po’ di sana fame sarebbe utile per sviluppare quel “linguaggio del gusto” importante perché s’impara da piccoli ma aiuta l’adulto di domani».

© Riproduzione riservata
Altri contenuti su questi temi: ,
Continua a leggere questo articolo: