Sono 1.900 le specie commestibili, si possono allevare a impatto zero e sono ricchi di proteine. A patto che si superino le remore psicologiche...
«Mangiare gli insetti è una cosa naturale». Ad affermarlo è l’entomologo Stefano Speranza pronto ad assicurare che l’80% degli studenti dei suoi corsi dell’Università della Tuscia al termine del percorso curriculari riescono a superare il tabù dell’entomofagia. «I nostri avi li raccoglievano e li mangiavano: tracce di queste pratiche si trovano nel Levitico, uno dei primi libri della Bibbia» ha spiegato Speranza intervenendo al Salone del Gusto e Terra Madre di Torino, nel corso dell’incontro “Insetti ed erbacce nel nostro piatto” sulle prospettive dell’allargamento del consumo alimentare degli insetti anche in quelle parti del mondo – come l’Europa – dove l’entomofagia non viene assolutamente presa in considerazione come alternativa nutrizionale.
Foraging significa anche “raccogliere” insetti
Eppure tutti dovremo cominciare a fare i conti con la parola “foraging”, ovvero la raccolta di alimenti selvaggi vegetali e animali per il consumo. Tra quelli animali, naturalmente, sono annoverati anche gli insetti, già pietanze tradizionali e deliziose in alcuni paesi del mondo. «Parlare di insetti in Messico significa parlare della nostra cultura, delle nostre origini, della nostra gastronomia, dichiarata dall’Unesco Patrimonio dell’Umanità per la sua biodiversità», ha esordito il cuoco messicano Irad Santacruz Ariniega, fiduciario della condotta Slow Food Tlaxcala Malintzi, che all’Arca del Gusto ha affidato per la salvaguardia gli insetti tradizionalmente consumati nel suo Paese.
Ed ecco il “torito”, una cimice che ha lo stesso sapore dell’avocado, il verme della pigna dell’agave da gustare con una salsina, le uova di mosca o della formica adulta, i “chinicueles” vermi rossi estratti dalla radice dell’agave e, soprattutto, quell’insetto da mangiare rigorosamente vivo, perché morto perde ogni sapore, «che ha gusto di cannella, anice e mela verde» utilizzato da uomini e donne prima degli incontri galanti come “profuma alito”.
Gli insetti commestibili
«Sono 1.900 circa le specie di insetti commestibili», ha sottolineato la biologa nutrizionista del Nu.Si.Al. di Viterbo, Claudia Storcé. A guidare la classifica degli insetti più mangiati, secondo i dati forniti dai due esperti, ci sono i coleotteri (3 1%), seguiti dai lepidotteri, in particolare bruchi, imenotteri, tipo formiche e api, e ortotteri, come cavallette e grilli. «Gli insetti – è stato spiegato – sono una fonte di proteine di alto valore, la più ecosostenibile, oltre che di altri elementi importanti come vitamine, fibre e sali minerali». Il bruco, per esempio, fornisce fino a 31 milligrammi di ferro per 100 grammi di materia secca contro gli 1,3 milligrammi forniti dalla carne bovina. Inoltre, il consumo di insetti potrebbe risolvere tanti problemi di inquinamento perché l’impatto ambientale dell’allevamento degli insetti è praticamente inesistente rispetto a quello degli altri animali che forniscono proteine.
Abbattere i tabù
E poi l’entomofagia, ha aggiunto ancora Speranza, «esiste già in maniera inconsapevole». Basti pensare al colorante rosso naturale utilizzato comunemente estratto da una cocciniglia, dalla mosca casearia che rende prelibati molti formaggi, fino al formaggio sardo coi vermi e alle larve che si possono trovare nei legumi, nel pane, nelle castagne, nelle ciliegie che, tutti, sicuramente abbiamo ingerito almeno una volta nella vita.
«Quello dell’entomofagia è solo un tabù – ha concluso Robert Nathan Allen, fondatore di Little Herds, un’associazione no-profit impegnata nella crescita della cultura per far aumentare il consumo alimentare di insetti -. Ai bambini, ancora lontani dalle consuetudini, li facciamo assaggiare e sono entusiasti. Con gli adulti è più complicato, ma basta utilizzare farina di grillo per fare i biscotti».
Mangiare insetti è sicuro?
Oltre al tabù psicologico, però, in Europa ci sono da valicare anche barriere di tipo autorizzativo visto che le due norme esistenti in materia – la CE/178/2002 e la CE 258/1997 sul “Novel Food” – non contemplano gli insetti come elementi alimentari. Inoltre, ha ricordato la professoressa Lucia Decastelli dell’istituto Zooprofilattico sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta che, nel caso non ci si imbatta in insetti allevati in ambienti controllati, esiste un rischio chimico associato all’uso di pesticidi; sono possibili reazioni allergiche alla tropomiosina, proteina presente negli insetti, e gli occidentali sono, in genere, carenti di chitosina, l’enzima necessario alla digestione di alimenti ricchi di chitina come gli insetti.
Ma perché farci tante domande se poi al Noma di Copenhagen, considerato il miglior ristorante al mondo, lo chef René Redzepi offre un menù nel quale insetti e cibo selvaggio fanno la parte del leone alla modica cifra di circa 300 euro a coperto?