Wise Society : Come cambia il cibo made in Italy trasportato dall’altra parte del mondo

Come cambia il cibo made in Italy trasportato dall’altra parte del mondo

di Fabio Di Todaro
9 Novembre 2015

Temperatura e vibrazioni durante il percorso modificano le caratteristiche di vino e olio. Nell'Università di Bologna si studia come preservare gusto e sapore delle eccellenze del Made in Italy

Sono il mezzo che ha reso possibile la globalizzazione, anche dei cibi. Da almeno un paio di decenni, i container sono utilizzati anche per lo shipping (il trasporto) degli alimenti, da una parte all’altra del pianeta. Un processo che richiede una cura dei dettagli, per fare in modo che olio, vino, pomodori, carne e pesce approdino in un altro continente senza aver perso le proprie caratteristiche, organolettiche (di gusto) e nutrizionali (come proprietà).

PRIME RILEVAZIONI SU VINI E OLI – Qual è l’impatto del trasporto nei container sulla qualità degli alimenti? è su questo aspetto che lavora l’Università di Bologna, nello specifico il dipartimento di ingegneria industriale. Dal produttore al consumatore: la logistica a tutela della qualità di un prodotto alimentare, è la leva strategica per conquistare nuovi mercati e clienti, soprattutto se a “viaggiare” sono le eccellenze del Made in Italy: vino, olio, formaggi. Ma quanto rischiano di “stressarsi” i nostri alimenti una volta che approdano negli Stati Uniti o in estremo Oriente? Notevoli sono gli sbalzi di temperatura, con escursioni durante il trasporto – per i prodotti non refrigerati – da -15 ai +50 gradi. Vino e olio, uniche due categorie di alimenti finora considerate dai ricercatori bolognesi, risentono molto di questi sbalzi. Ma è facile immaginare che freddo e caldo improvvisi possano compromettere anche (se non sopratutto) la qualità di prodotti caseari, carne, frutta e verdura.

Controlli dal produttore al consumatore – Nel centro di Bologna vengono condotte ricerche per monitorare gli stress fisici o ambientali che un prodotto subisce nel “tragitto” fino al consumatore. In laboratorio gli stress vengono monitorati e replicati, su prodotti “sani”, al fine di stimare cosa accade a un prodotto nel raggiungere un cliente collocato dall’altra parte del mondo. Al monitoraggio e alla simulazione possono seguire l’analisi chimico-fisica e sensoriale del package e del contenuto che ha subito la simulazione, con l’obiettivo di verificare se sono avvenuti processi di degradazione. A oggi il Centro di Ricerca sulla Filiera Agroalimentare ha monitorato qualcosa come un migliaio di viaggi intercontinentali con origine e destinazione tutte le parti del mondo. Le analisi sensoriali e chimico fisiche su campioni di prodotto esposti agli stress monitorati hanno dimostrato che spesso la qualità del prodotto non è quella attesa, ovvero quella nota al produttore fuori dalla “porta di casa” della sua merce in spedizione.

FOCUS ANCHE SULLA SOSTENIBILITàLa soluzione verso cui ci si sta indirizzando – stando a quanto illustrato da Riccardo Manzini, direttore del Food Supply Chain Center dell’ateneo emiliano, nel corso di un incontro svoltosi a Expo 2015 – è di utilizzare dei rivestimenti termici per coprire i container. Qualcosa inizia a vedersi, ma è ovvio che ciò comporti un aumento dei costi del prodotto finito. Oltre alla qualità degli alimenti, i ricercatori puntano a controllare anche la sostenibilità dei processi produttivi e l’impatto ambientale del confezionamento.

Twitter @fabioditodaro

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