Wise Society : Cesare Battisti: un pranzo di Natale per tornare alle “radici”

Cesare Battisti: un pranzo di Natale per tornare alle “radici”

di Francesca Tozzi
18 Dicembre 2012
SPECIALE : Natale: decorazioni, ricette, idee regalo e viaggi

Lo chef di punta del ristorante Ratanà ci insegna come usare le radici, le verdure e le erbe tipiche dell'inverno per preparare un pranzo natalizio buono e di stagione. Una cucina semplice ma sorprendente dal punto di vista sensoriale

Erbe spontanee, verdure di stagione, ingredienti considerati meno nobili ma protagonisti di ricette semplici, nutrienti e gustose possono trovare spazio su una tavola natalizia dominata da salmone affumicato, cotechini e panettoni? Tradizione, cucina del territorio e creatività sono conciliabili? Il lavoro di Cesare Battisti, chef di punta del ristorante Ratanà, dimostra che è possibile.

Le lenticchie, che sono un cibo della tradizione di Natale e che non mancano a Capodanno perché ritenute beneauguranti, possono essere presentate in modo diverso: non come contorno al cotechino ma per preparare un ottimo antipasto. «Al Ratanà prepariamo una purea di lenticchie del presidio slow food di Ustica in alternativa alla solita purea di ceci – spiega lo chef Cesare Battisti – lessiamo le lenticchie in acqua abbondantemente pepata in modo che il sapore rimanga anche dopo la passatura e condiamo con dell’olio toscano appena franto e un po’ piccante, per dargli un po’ di carattere, e sopra mettiamo punte di cicoria o catalogna ripassate in padella». Entrambe sono erbe di stagione “povere” ma con grandi virtù depurative, un toccasana sotto le Feste quando si tende ad accumulare tossine con carni, cibi grassi e alcolici. Ma non sono le uniche erbe invernali che possono tornarci utili per il nostro menù.

Tutti i profumi dell’inverno

 

Come primo piatto natalizio si può fare un risotto alle erbe invernali. Ecco la ricetta di Cesare Battisti: «Facciamo un brodo vegetale con tante verdure, un bel po’ di porro e lo scarto dei tre carciofi che useremo per completare la ricetta (foglie esterne e gambo). Facciamo tostare il riso con la cipolla finché non diventerà traslucido quindi bello sigillato, quindi lo bagniamo con il brodo (io non ci metto il vino perché diventa un acido) man mano che lo portiamo a fine cottura. Dopo circa nove minuti, circa a metà cottura, aggiungiamo un bel trito di salvia, timo, erba cipollina, pochissimo alloro, magari un pizzico di origano che abbiamo fatto seccare l’estate precedente.

Alla fine, quando andremo a mantecarlo con un cucchiaio di burro e un cucchiaio di formaggio, dato che siamo in inverno possiamo aggiungere un cucchiaio di pesto di cicoria che conferirà al piatto un sapore amarognolo ma piacevole. Si può usare anche il basilico che si trova senza problemi ma così è più di stagione. Otterremo un primo con tutti i profumi delle erbe, leggermente amarognolo e quindi anche più digeribile. Ma la ricetta non è finita. Una volta fatto il risotto, mondiamo i carciofi che avevamo messo da parte, li tagliamo a metà e li affettiamo il più finemente possibile per poi friggerli in olio di semi fino a farli diventare croccanti: più sono tagliati fini più danno l’effetto paglia. E li mettiamo sul risotto. In questa ricetta convivono in bocca due diverse consistenze: la morbidezza e la croccantezza; questo è un aspetto sensoriale per me molto importante».

Alle radici della buona tavola

 

L’inverno è la stagione dei radicchi: c’è il tardivo, il radicchietto, il radicchio di Castelfranco Veneto, la rosetta e altri tipi ancora. «Noi adesso in menu – spiega Cesare Battisti – oltre a legumi molto semplici magari riproposti in maniera diversa (sotto forma di purea) e ai radicchi, utilizziamo tantissimo le radici che sono una cosa poco conosciuta: scorzonera, radici di prezzemolo, pastinaca, topinambur e patata viola valdostana che fino a sei anni fa veniva buttata via perché si pensava fosse velenosa e che adesso è entrata a far parte delle eccellenze. Patata a parte, in cucina oggi le radici sono poco usate.

Una ricetta che si può fare anche a Natale è la purea di radici fresche e croccanti. Mettiamo le radici a bollire in acqua leggermente acidulata dopo averle messe in po’ in equilibrio fra loro perché la scorzonera è molto amara mentre la pastinaca è molto dolce, la prima è forte così come il topinambur e le radici di prezzemolo per cui vanno tutte dosate con attenzione (poca scorzonera). Poi le passiamo in modo semplice usando il passaverdura della nonna e un goccio di olio per mantecarle. Le stesse radici le tagliamo con la mandolina a chips e la facciamo diventare croccanti un po’ in forno e un po’ fritte e le mettiamo sopra la purea. Aggiungiamo alla fine un filo di olio di semi di zucca. Le stesse radici servono a creare la base morbida e la copertura croccante».

La freschezza del radicchio e la dolcezza dei cachi

 

Con i radicchi trevigiani tardivi a foglia lunga e stretta si può preparare un’ottima insalata di stagione. Si mondano i radicchi e si tagliano a pezzettini, radici comprese: di solito la parte della radice che è la più dolce la buttiamo via ma è la più buona. Si fa in insalata e si condisce con un cucchiaino di aceto tradizionale di Modena, quello denso, non quello balsamico del supermercato, un po’ di olio e della raspadura del lodigiano, che viene fatta con un formaggio tipico. A questo aggiungiamo un melograno sgranato. Questa insalata è bellissima da vedere, molto natalizia, buona, fresca e semplice da preparare.

«Come dolce – conclude lo chef – suggerisco una ricetta che da noi sta facendo furore, semplice e fresca. Prendiamo del timolimone o della citronella, lo tritiamo, lo aggiungiamo a un caprino con un cucchiaio di zucchero a velo: usiamo questo composto per fare degli spumoni con il sac a poche in un bicchiere. Il tutto si ricopre con un caco molto maturo che avremo pulito e frullato. Si lascia riposare 5-6 ore in frigo. Il caco da solo gelifica per cui alla fine questo dolce diventerà come una bavarese».

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