Wise Society : L’Alveare, il nuovo modo di fare la spesa sostenibile e in rete

L’Alveare, il nuovo modo di fare la spesa sostenibile e in rete

di Maria Enza Giannetto/Nabu
13 Marzo 2017

La piattaforma web permette ai consumatori di comprare online i prodotti alimentari e di incontrare i produttori per ritirare la merce nei "mercatini temporanei"

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Spesa sostenibile: l’Alveare torinese di San Salvario (Foto Ufficio Stampa)

Un bar, un cinema, uno studio dentistico, ma anche una libreria e un negozio. Luoghi più disparati che, una o due volte a settimana, si trasformano in mercatini temporanei a Km 0 sotto l’egida del portale L’Alveare che dice sì!. Il modello della start up torinese, nata nel 2015, è stato mutuato, grazie all’ideatore Eugenio Sapora, oggi responsabile della rete, da La Ruche qui dit Oui! progetto partito in Francia nel 2010 che si è poi sviluppato nel più vasto The Food Assembly che, in soli 4 anni, ha sviluppato una rete di distribuzione di prodotti locali in vari Paesi europei.
«Il sistema – spiega Paolo Nosenzo che fa parte del team formato da sei persone –  punta sull’incontro tra produttore e consumatore e sul riuscire a pagare direttamente i produttori per il loro lavoro in modo appropriato. Inoltre, questo modello permette a chi acquista di decidere di consumare in modo sostenibile perché vengono offerti strumenti di consapevolezza e informazioni sul valore del cibo».
La piattaforma online per la spesa sostenibile funziona, di fatto, in un modo abbastanza simile a quello dei Gruppi di acquisto solidale, con un utilizzo più massiccio, però, delle potenzialità di Internet e dei social network. «Un privato – spiega Paolo Nosenzo –  un’associazione o un’azienda decide di aprire un Alveare in un luogo pubblico o privato. Il Gestore dell’Alveare crea, quindi, una rete di produttori presenti nel raggio di 250 chilometri, che mettono in vendita frutta, verdura, formaggi, latticini, carni e contatta i potenziali “consumatori”, ovvero le persone interessate a comprare prodotti locali che si devono solo iscrivere, gratuitamente, al portale».
Al momento in Italia ci sono circa 100 Alveari – anche se gli attivi con appuntamenti settimanali sono circa 40 e gli altri sono tutti in fase di avviamento –  e 20mila membri iscritti alla piattaforma della spesa sostenibile. Un sistema che si sta allargando a macchia d’olio, complice il passaparola e la semplicità del modello. «Il nostro sogno – spiega Nosenzo – sarebbe riuscire ad avere una “casetta” in ogni quartiere da poter raggiungere anche a piedi. Sarebbe anche una grande conquista dal punto di vista sociale perché si creerebbero relazioni e rapporti importanti sul territorio. L’obiettivo a medio termine è, invece, quello di supportare i piccoli produttori locali, proponendo un modo diverso e diretto di arrivare ai consumatori. Infine, la speranza più grande è quella di creare un sistema alternativo alla grande distribuzione organizzata».

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All’alveare la spesa è a km0 – Foto iStock

La piattaforma di vendita, utilizzabile da smartphone, tablet e pc, permette agli utenti di gestire le loro vendite e comprare i prodotti in qualsiasi momento. «Ogni settimana – spiega Nosenzo – il gestore dell’alveare pubblica online una selezione di prodotti locali da mostrare ai membri. Prima dell’apertura della vendita, il produttore fissa liberamente il prezzo dei prodotti in vendita e il minimo d’ordine da raggiungere per consegnare. A quel punto i membri possono effettuare l’ordine sul sito cliccando sui prodotti che vogliono acquistare e poi, nel giorno fissato per lo scambio, si recano nella casetta per ritirare i prodotti. Non ci sono intermediari: i produttori pagano una commissione del 20%, che viene divisa poi tra il gestore dell’alveare e l’alveare madre».

Il modello di approvvigionamento si propone quindi come alternativo alla grande industria agro-alimentare che uniforma le specie e impone dei modelli di produzione che standardizza i prodotti, la distribuzione, la forma dei supermercati e l’esperienza del consumatore. «Per noi – conclude Nosenzo – affidarsi ai prodotti locali vuol dire accettare e favorire la diversità delle produzioni agricole, delle specie, delle superfici, dei gesti e dei luoghi di distribuzione per rispondere alla diversità delle persone e dei loro bisogni».

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