Wise Society : Meditazione: da filosofia a terapia medica

Meditazione: da filosofia a terapia medica

di Fabio Di Todaro
18 Gennaio 2021

Non solo utile a combattere lo stress, la meditazione sta diventando sempre di più strumento per combattere anche malattie croniche. Bastano venti minuti al giorno

È una prerogativa abbastanza diffusa, oggi, e riguarda un parterre «sociale» eterogeneo. Dagli studenti universitari ai manager, dagli specialisti della medicina di urgenza agli uomini di legge: sono sempre di più gli italiani che praticano la meditazione, al fine di tirarsi fuori dalla morsa della frenesia quotidiana. Una scelta che cambia anche il modo di approcciare agli impegni quotidiani.

Ma quali sono i riscontri alla base di questa applicazione ad alcuni contesti clinici?

Meditazione: a cosa serve?

La meditazione ha un obiettivo: mettere davanti ai nostri occhi le nostre azioni, le emozioni e i pensieri. Ma come si è arrivati a meditare anche alle nostre latitudini? Una delle tradizioni del buddhismo classico è arrivata in Italia «grazie agli elementi di scienza occidentale che rendono la meditazione un veicolo adatto alla cultura e adeguato ai contesti della nostra vita», spiega lo psicoterapeuta Fabio Giommi.

meditazione

Foto Moodywalk / Unsplash

Se negli Stati Uniti già da tempo si parla di “rivoluzione della consapevolezza” nelle scuole, nelle aziende, lungo la Penisola la nuova rotta è battuta a livello individuale alla ricerca di un antidoto alla frenesia quotidiana. «La meditazione non è una strategia per migliorare la concentrazione, ottenere la pace interiore e creare il vuoto mentale», chiarisce Davide Anchisi, ricercatore presso il dipartimento di scienze mediche e biologiche dell’Università di Udine. Questi, tutt’al più, sono gli effetti della pratica, definita come «un esercizio di attenzione e di distacco dalle emozioni».

Meditare per eliminare ansia e paura: le parole di Niccolò Campriani

In questo modo è possibile accantonare l’ansia e trovare la giusta concentrazione per la sfida che è alle porte: una gara, un esame, un intervento chirurgico, una delicata trattativa. «Più andavo avanti e più mi accorgevo che la vera sfida non era vincere una medaglia, ma avvicinarsi sempre di più alla riproduzione del gesto perfetto – dice a mente fredda oggi Niccolò Campriani, il campione olimpico di tiro a segno, nel libro “Ricordati di dimenticare la paura” (Mondadori) -. Tra me e il mio obiettivo si frapponevano le mie paure, prima degli avversari russi e cinesi». L’approccio con la meditazione gli ha cambiato il modo di convivere con le insicurezze. Secondo gli esperti il segreto sta nel rimanere a contatto con il presente, senza lasciarsi condizionare dai fattori esterni.

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Le applicazioni cliniche della meditazione

Dal 2012 a oggi si sono contate oltre 800 pubblicazioni scientifiche sulle ricadute della meditazione: il doppio rispetto alle stesse messe assieme sei anni prima. Oggi alcune evidenze sono condivise, senza ombra di dubbio. Chi medita risulta meno stressato ed esposto alle malattie croniche (cardiovascolari, respiratorie, del sistema immunitario), ottiene risultati migliori nelle proprie performance e nella gestione dei rapporti interpersonali.

Non a caso la meditazione è utilizzata anche in diverse strutture ospedaliere nella comprensione dei disturbi alimentari, nel trattamento dell’obesità e del dolore cronico, nella gestione dell’ansia e delle crisi di panico. Benefici sono emersi pure rispetto alla terapia di alcuni disturbi di personalità (borderline).

Ragazza che medita

Foto Motoki Tonn / Unsplash

Quanto tempo bisogna meditare?

Venti minuti al giorno è la “dose” di meditazione consigliata. Si può procedere anche a casa, dopo un primo periodo di formazione. Con una sola raccomandazione. «Chi attraversa stati di forte sofferenza mentale potrebbe trarne un effetto opposto – chiosa Antonino Raffone, docente di psicologia all’Università Sapienza di Roma -. In questi casi è necessario il supporto di uno psichiatra o di uno psicoterapeuta».

Twitter @fabioditodaro

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