Wise Society : Il calcio? Roba da matti

Il calcio? Roba da matti

di di Metella Ronconi
7 Luglio 2010

Magari non arriveranno mai a disputarsi la Coppa del Mondo, ma per la squadra romana Il Gabbiano il calcio è molto più di uno sport; Mauro Raffaeli, psichiatra, ha trasformato il pallone in uno strumento di guarigione. Cambiando le regole del gioco

Il Dottore Mauro Raffaeli e Valerio

Il Dottore Mauro Raffaeli e Valerio, Foto: wisesociety

Mauro Raffaeli, psichiatra del Dipartimento salute mentale della Asl Roma A, ha deciso di sperimentare una terapia che non ha bisogno di farmaci né di strutture: il gioco del calcio. I suoi pazienti giocano nella squadra della Polisportiva “Il Gabbiano” e, quello che era nato come un fenomeno sportivo locale, è diventato un caso conosciuto e studiato in tutto il mondo grazie al film documentario Matti per il calcio realizzato da Volfango De Biasi.  

«Il mio motto è “bisogna stare tra la gente, con la gente, in mezzo alla gente», racconta. «È come un mantra, non mi stanco mai di ripeterlo. Le persone con disturbi mentali si devono spesso confrontare con due problemi: i sintomi della malattia, ma anche gli stereotipi e i pregiudizi che derivano dalla scarsa conoscenza dei disturbi mentali».
La somma dei due problemi determina discriminazione. Anche le mura dei centri di salute mentale, delle comunità terapeutiche, nonostante siano strutture ben organizzate, possono portare con il tempo alla cronicizzazione, all’esclusione. «Basta porsi questa domanda: “se capitasse a me, vorrei starmene rinchiuso in un laboratorio o preferirei stare fuori, all’aperto, in mezzo alla gente?” La mia idea è quella di abbattere le barriere, creare integrazione, sviluppando attività all’esterno, sul territorio, là dove si vive la vita di tutti i giorni».

La squadra

La squadra Foto: wisesociety

Il progetto si chiama: Comunità Quartiere, Quartiere Comunità e le attività previste sono undici, tutte da fare in luoghi esterni: dal centro sportivo alla biblioteca, dal centro culturale alla piscina, all’oratorio.
«Poi mi è venuta, in modo del tutto casuale, l’idea della “calcioterapia”  i nostri ragazzi sono uguali a qualsiasi altro giovane, hanno gli stessi bisogni e la stessa voglia di divertirsi. È nata così: un giorno un infermiere ha tirato fuori un pallone e abbiamo cominciato a giocare. Vicino al nostro centro diurno c’è il campo di un oratorio, ogni tanto portavamo i ragazzi a giocare, all’inizio al mattino, quando non c’era nessuno e poi, piano piano anche il pomeriggio, dopo l’orario scolastico, quando il campo era più frequentato. Un giorno io e gli infermieri siamo arrivati tardi, eravamo preoccupatissimi e invece… eccoli lì che giocavano tranquillamente tutti insieme, i “nostri” ragazzi e gli abitanti del quartiere», aggiunge Raffaeli.

Da lì non si sono più fermati: è nata una squadra, i campionati e infine il Torneo Nazionale. La squadra di calcio Il Gabbiano”(il nome viene da “Il gabbiano Jonathan Livingston” di Richard Bach) ha già vinto due campionati nazionali nel torneo D.S.M. (Dipartimenti di Salute Mentale). Con grandi risultati: ci sono pazienti che hanno dimezzato le dosi dei farmaci, e ora riescono a condurre un’esistenza normale con la famiglia. Anche la Società Italiana di Epistemiologia Psichiatrica sta conducendo uno studio per analizzare e valutare i risultati del nostro lavoro.
«Però è importante tenere conto non soltanto dei risultati terapeutici», afferma lo psichiatra. «Un paziente può anche mantenere lo stesso quadro clinico, ma l’attività sportiva con il gruppo porta un grande miglioramento della qualità della  vita, del quotidiano. E questo è già un risultato straordinario.  

L’esperienza romana ha fatto scuola anche oltre i confini italiani: è stata presa a modello anche in altri Paesi come la Francia, il Giappone e l’Argentina. Proprio con l’Argentina abbiamo inaugurato un progetto di cooperazione insieme all’Anpis (Associazione Nazionale Polisportive per l’Integrazione Sociale). In gran parte del Sudamerica esistono ancora i manicomi e questo progetto intende proprio aiutare a “far uscire” i pazienti grazie al calcio.

Il film “Matti per il calcio” realizzato qualche nel 2004 ha funzionato più di una pubblicazione scientifica, meglio di un Nobel per la riabilitazione; un documento in presa diretta che ha mostrato a tutti che lì sul campo non c’era lo “sport psichiatrico”, ma una partita di calcio giocata per divertirsi, stare insieme, fare gruppo. E dare un calcio alla solitudine e all’emarginazione.

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