Wise Society : Wolfgang Fasser: al buio si vede meglio
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Wolfgang Fasser: al buio si vede meglio

di di Monica Onore
5 Marzo 2010

Fisioterapista e musicoterapista, sapeva sin da piccolo di diventare cieco. Lo spirito di adattamento gli ha dato l'energia per stabilire una relazione profonda con l'altro e gli ha permesso di osservare il mondo con uno sguardo nuovo. Che va oltre il pregiudizio e lo guida anche nelle passeggiate notturne nel bosco

Alberto Ruggieri/Illustration Works/Corbis

Wolfgang Fasser è nato in Svizzera nel 1955. Diplomato in Fisioterapia e musicoterapia, si è specializzato nell’ambito della diagnosi e della cura di disturbi neuro-muscolo-scheletrici. Ha lavorato in Africa (Lesotho) e l’incontro con gli sciamani indigeni ha rafforzato in lui la concezione di lavoro integrato, dove comportamento, natura, arte e fede formano un’unica dimensione. Svolge attività didattica e formativa in Italia e Svizzera ed è Presidente dell’Associazione Il Trillo, a Becarino, in Toscana, in cui vive dal 1999.

Wolfgang Fasser, fisioterapista e musicoterapeuta

Molti anni fa, per un breve periodo, ho avuto la fortuna di poterlo seguire nella sua casa in Toscana per un reportage a cui stavo lavorando. L’ho affiancato durante la sua attività di fisioterapista e musicoterapeuta, tra i suoi amici e nel suo orto di piante curative.

Wolfgang vive ogni momento della giornata in modo profondo. Ascolta l’altro ed entra in relazione con lui in maniera diretta  e profonda. Sa come guardare le persone, vedere le cose come realmente sono, senza usare gli occhi. Il suo essere cieco non lo ha distolto dal vedere e conoscere il mondo. Anzi, è instacabile: svolge attività didattica nel campo della specializzazione e del perfezionamento di terapisti, medici, riabilitatori e pedagogisti nel settore dell’handicap. Realizza progetti con gruppi e con istituzioni, scuole di musica, organizzatori per corsi creativi e specialistici, scuole, comuni e tanto altro.

Svolge tantissime attività, non si ferma mai. Dove trova tanta energia?


Per me la collaborazione con gli altri a qualsiasi livello è benvenuta. È una fonte di rinnovamento e arricchimento.

Cosa significa curare la persona, entrare in una relazione terapeutica?

Una relazione si costruisce in una atmosfera accogliente, non giudicante e protetta. La relazione terapeutica, un rapporto asimmetrico e di aiuto, è un “contenitore” per la crescita. I mezzi utilizzabili sono di natura diversa: verbale, farmacologica, tecnica, artistica, fino alla Pet-Therapy che utilizza animali.

Il rapporto con il paziente si manifesta attraverso i molteplici linguaggi della comunicazione umana. Sono aperto e in ascolto verso l’originalità e autenticità della persona e ogni incontro permette di crescere. Naturalmente è un percorso senza fine; lo sviluppo è permanente.

Wolfgang Fasser, una lezione di fitoterapia in Africa

Cosa significa saper andare oltre il disagio?

Andare oltre vuol dire sapersi affidare anche a una comprensione emotiva, spirituale, corporea di ciò che ci accade. La coscienza non ha casa solo nel cervello. La coscienza non è solo dentro di me, al contrario sono io a essere dentro la coscienza, una coscienza globale, universale.

Con la razionalità so spiegare solo una piccola parte, un piccolo frammento di ciò che mi succede. Ma sono  immerso in tante altre sfere: quella dell’istinto, della percezione, dell’intuizione, dell’emozione, dimensioni che utilizzo anche nell’affrontare il disagio dei miei pazienti. Piccoli o grandi.

Come si comporta nei casi molto gravi?

Faccio l’esempio di Claudia, bambina gravemente pluriminorata: ha 4 anni e il suo sviluppo corrisponde a quello dell’ottavo mese di gravidanza a causa di un’infezione al cervello. Secondo i medici la bambina doveva essere morta già da tre anni. «La sua esistenza vegetale può essere paragonata a quella di un pesciolino rosso». Questo paragone, che nel pensiero medico e in quello statistico dovrebbe avere un significato, non è di alcun aiuto per i genitori che vivono quotidianamente con la figlia, la accudiscono e la amano. La mia stima nei confronti della vita della bambina, indipendentemente dalla sua invalidità, la profonda accettazione del suo essere e la ricerca di microcontatti e di dialogo con lei, insieme a una musicoterapia a orientamento corporeo, sono per i genitori un sostegno a vivere meglio la situazione.

Wolfgang Fasser, musicoterapia con una bimba Potrebbe spiegarmi la sua idea di corpo-suono?

Dobbiamo aprirci, accogliere ciò che la vita ci offre anche quando parla un linguaggio diverso, il linguaggio dei sogni come quello delle percezioni, il linguaggio delle emozioni, dell’istinto o della musica. La “mia” è una musicoterapia integrata, che  combina diversi elementi. Il forte coinvolgimento del momento creativo e la molteplice elaborazione dei temi, la trasformazione diretta in suono e musica, ma anche movimento, immagine e scultura. Quando il nostro ‘io’ si rende permeabile a tutte queste dimensioni ci permette esperienze inconsuete.

Insegna ancora a camminare di notte in mezzo ai boschi?


Sì, organizzo dei gruppi durante la bella stagione. Camminare insieme agli altri mi fa sentire più libero di sprofondare nella notte; da solo sono più all’erta e attento. Di notte sono io quello che vede e le persone si affidano meglio a me. Affidarsi fa bene a me e agli altri e insieme camminiamo più sicuri.

Cosa significa insegnare l’ascolto?

È la fiducia nella vita l’alimento della nostra consapevolezza. Solo attraverso la fiducia e la percezione del silenzio ci si dispone all’ascolto. Ascolto fatto di curiosità nei confronti dello sconosciuto. Ascolto consapevole che risiede nello scambio, momento in cui  si riceve e si dona qualcosa di prezioso.

Wolfgang Fasser, passeggiata notturna nel boscoE la capacità di sapersi adattare?

Adattarsi è una risposta alla realtà interiore ed esteriore. La realtà mi chiede di muovermi, rispondere, fare.

Nel mio orto, ad esempio, ci sono delle aiuole che ho ben delimitato con piccole pietre dove coltiivo il timo, la menta, il basilico, tutte erbe per me ben riconoscibili. La mia realtà di non vedente mi impone di creare ordine e organizzare queste erbe. La vita ti chiede di adattarti e tu lo fai. Se dici sì alla vita rispondi alle richieste di adattamento. Se venendo in Italia non avessi accolto e non mi fossi adattato alle regole e ai modi di essere di questo Paese sarei stato isolato. Come straniero e come non vedente o ti adatti o sei isolato.

Questa è la realtà esterna a cui mi adeguo. Poi c’è una realtà interiore; spesso ci è chiesto di trasformare la realtà esterna in realtà interiore, accettare e dire sì al cambiamento continuo della realtà esterna e interna. Attraverso l’adattamento mi trasformo, cresco, maturo e mi lascio maturare. Spesso non siamo capaci di vivere il disaccordo della diversità e questo ci fa fare compromessi sbagliati, perché non riusciamo a vivere le nuove occasioni e l’imprevisto come arricchimento. Se fai una cosa con tutto il corpo, la mente e l’anima, l’altro lo sente.

Mi parla della tua esperienza in Africa?

 

Ero stato in Lesotho 20 anni fa e all’inizio del 2007, dopo 15 anni di interruzione,  è stato possibile riattivare un piano di formazione per fisioterapisti in collaborazione con la direzione dell’ospedale di Paray. L’obiettivo è sostenere i terapeuti formati 20 anni fa, formarne nuovi e insegnare alle infermiere elementi preventivi della fisioterapia. Sono molto contento di poter continuare questo progetto. Questo Paese mi ha insegnato davvero molto, così posso continuare ad imparare.

Per approfondire l’argomento segnalo il libro di Wolfgang Fasser e Massimo Orlandi Invisibile agli occhi, Edizioni Romena, 2009

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