Wise Society : «Ecco come possiamo difenderci dalle verità alternative sul web»
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«Ecco come possiamo difenderci dalle verità alternative sul web»

di Fabio Di Todaro
11 Aprile 2018

Carlo Alberto Redi, docente di biologia dello sviluppo all’Università di Pavia discute sul ruolo dello scienziato e offre consigli agli utenti su come discernere le fonti affidabili

Il dibattito sulla post-verità riguarda uno degli aspetti più problematici dell’attuale contesto storico: il sapere scientifico. Donald Trump nega il cambiamento climatico in atto, riuscendo a far emergere la sua voce più di quella della quasi totalità dei climatologi mondiali. In medicina, è particolarmente acuta la presa di posizione nei confronti dei vaccini: considerati invece dalle istituzioni sanitarie una delle armi principali per tutelare la salute pubblica. E poi: l’omeopatia, le cure alternative per il cancro. «Siamo nell’era della verità post-fattuale: gestirla non è facile, ma comunque possibile», avverte Carlo Alberto Redi, docente di biologia dello sviluppo all’Università di Pavia e membro del comitato etico della Fondazione Umberto Veronesi.

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Fake news: come le bugie su web diventano verità alternative, Foto: Pixabay

Come possiamo difenderci dalle verità alternative, allora?
Nella rete, come nell’alchimica, le bugie diventano una verità alternative. Il problema, però, non sta nel mezzo, bensì da come lo si utilizza. Come tutte le innovazioni tecnologiche, internet ha pregi e difetti. Per usarlo al meglio, occorre ripartire dal passato: il metodo scientifico deve venire prima di tutto.

Sul caso vaccini, però, il dibattito è ancora aperto.
Alcuni falsi miti sono potenziati dalla circolazione di informazioni e opinioni in rete. Eppure ci sono siti che danno dati attendibili, da cui emerge come la vaccinazione sia fondamentale per difenderci da numerose malattie. Spesso l’opposizione è motivata dall’opinione che sarebbe una fonte di guadagno per le multinazionali farmaceutiche, ma l’argomento è mal posto, in questo modo, perché esclude dal dibattito l’efficacia scientificamente testata dei vaccini.

Cosa si sente di consigliare agli utenti?
Google non può dare tutte le risposte: dobbiamo dotarci di strumenti che consentano di discernere le fonti affidabili da quelle che non lo sono. Il metodo scientifico non è democratico: nel senso che non si alza la mano e si vota. Ma al dibattito chiunque può prendervi parte, purché ci siano regole e principi condivisi.

Quali strategie di divulgazione da parte degli scienziati potrebbero avvicinare il pubblico alla scienza senza rinunciare al rigore del metodo scientifico?
La divulgazione è oggi indifferibile per gli scienziati, ma in Italia continua a essere considerata un’attività alla stregua del volontariato. Gli scienziati hanno il dovere di spiegare il risultato del loro lavoro, a maggior ragione se lavorano in una struttura pubblica che usufruisce dunque di finanziamenti che vengono dai risparmi della cittadinanza. Viviamo nell’epoca della democrazia cognitiva: dobbiamo dare la possibilità al numero più ampio di persone di deliberare su questioni che riguardano l’ambiente e la salute pubblica.

Quali sono, a suo avviso, le questioni che dovrebbero essere discusse maggiormente nel dibattito pubblico?
Un tema centrale è la diseguaglianza: se ne parla poco, ma si riverbera su tutti gli aspetti legati alla salute e al benessere, fisico e psicologico. Molti italiani rinunciano a curarsi perché non ne hanno la possibilità. Questa ingiustizia è alla base di alcune forme di populismo che oggi riscuotono successo. La parola chiave è il sociale che si fa biologico, a livello di tutti i saperi: medicina, economica, sociologia, chimica e architettura».

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Secondo Carlo Alberto Redi “nella rete, come nell’alchimica, le bugie diventano una verità alternative”, Foto: Science for Peace

Qual è lo stato della ricerca scientifica nel nostro Paese?
Lo stato è nel complesso buono soltanto perché c’è un mondo immenso di giovani precari che tiene in piedi le università, gli ospedali e i centri di ricerca. Il divario con gli altri Paesi europei in termini di atteggiamento culturale è rimasto lo stesso Non c’è attenzione al problema da parte dei decisori politici, pur vivendo nella società della conoscenza. Investire in ricerca, o dicono ormai diversi studi, dà un ritorno sul capitale molto elevato. Ma l’Italia, mi si perdoni il paradosso, non inverse in ricerca dai tempi di Quintino Sella.

Twitter @fabioditodaro

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