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Stefano Boeri: «Nelle città c’è bisogno di una rivoluzione verde»

di Andrea Ballocchi
5 Ottobre 2017

L'architetto di fama mondiale, spiega cosa serve alle città per essere più ecosostenibili, vivibili, sicure e a misura d’uomo

«Occorre moltiplicare il numero di alberi, c’è bisogno di un’autentica rivoluzione in termini di forestazione urbana. È un’esigenza legata ad un inquinamento sempre più insostenibile, nelle realtà urbane e non solo, e alla responsabilità che la CO2 ha sul cambiamento climatico. Tutto questo scenario lo stiamo sperimentando, purtroppo, in questi giorni. È fondamentale, quindi, impegnarsi in una lotta per ridurre drasticamente la presenza di gas serra e in questo entra in gioco il ruolo della città». Stefano Boeri, architetto di fama planetaria è in prima linea per progettare città più vivibili ed ecosostenibili: ricorda che nelle aree urbane si producono due terzi circa della CO2 presente in atmosfera, mentre i boschi e le foreste del pianeta ne assorbono il 40%. «Portare boschi e foreste nelle città vuol dire combattere il nemico sul suo terreno; significa moltiplicare l’assorbimento di anidride carbonica da parte delle piante e, così facendo, produrre ossigeno; significa offrire un contributo reale e concreto a rendere il cambiamento climatico non un processo irreversibile, ma un fenomeno con cui trovare un valido compromesso. E una di queste strade passa, a mio avviso, dalla forestazione urbana».

Veniamo allora al suo progetto “Un Fiume Verde per Milano” alla luce anche dell’accordo di Programma sottoscritto lo scorso luglio tra Comune, Regione e FS per la riqualificazione dei 7 scali ferroviari dismessi. A che punto è?

stefano boeri, rivoluzione verde

L’architetto Stefano Boeri sul balcone di uno dei suoi progetti più conosciuti: il Bosco verticale, Foto:Ufficio Stampa Stefano Boeri

Il progetto interviene in modo sostanziale sulla qualità dell’aria e della vita nonché sulle infrastrutture della mobilità e del verde a Milano. L’accordo è stato stipulato, ora si sta cercando di comprendere come procedere alla progettazione delle singole aree. La nostra proposta è chiara: mi auguro che venga utilizzata. È stata elaborata da un team eterogeneo di professionisti, per intervenire sulla questione ambientale da diversi punti di vista. Primo tra tutti l’energia: il progetto prevede un significativo risparmio energetico grazie all’utilizzo dell’acqua di falda per la geotermia. In secondo luogo la forestazione urbana, con 1 milione di mq da adibire a verde, oltre ai vantaggi in termini di salute per l’uomo e riduzione dell’inquinamento, garantirà raffrescamento naturale, con un significativo effetto positivo sulla regolazione del microclima in tutta la città. Dal punto di vista infrastrutturale, sono previsti un sistema di trasporto pubblico sostenibile e il potenziamento della mobilità ciclabile.

In riferimento alla sua proposta di porre delle querce al posto delle barriere jersey in cemento, quanto la bellezza può fare per fronteggiare degrado e violenza?

Non considererei quanto possa fare la bellezza, quanto quello che possiamo fare noi tutti per evitare di cadere sotto ricatto di un piccolo gruppo di terroristi e trasformare le piazze delle nostre città in check point militari. Dobbiamo rispondere alla minaccia, da un lato accogliendo l’urgenza di proteggere i nostri spazi pubblici e dall’altro trasformando gli strumenti per la sicurezza in sistemi di arredo urbano, in grado di generare vita e qualità urbana, fornendo occasioni di incontro. La consultazione pubblica che abbiamo lanciato con il Comune di Firenze va proprio in questa direzione: propone di trasformare i dispositivi di sicurezza in vasi per gli alberi, in panchine per la sosta, in momenti e contesti per la condivisione di spazi, di luoghi dove giocare, vivere…

Spesso e volentieri quando si pensa al verde lo si collega alle zone privilegiate delle città mentre le periferie scontano un panorama di degrado. Cosa occorre fare per cambiare questo stato di fatto?

Credo che la periferia sia uno dei temi cruciali dello sviluppo delle città italiane ed europee. Ma nelle grandi realtà metropolitane non possiamo considerare periferia soltanto la “ciambella” esterna: condizioni urbane di degrado e disagio sociale sono evidenti anche nel cuore delle città, in zone geograficamente centrali. Occorre intervenire cercando di offrire servizi al cittadino, stabilire condizioni di legalità e soprattutto alimentare la varietà sociale e la coabitazione multietnica e multiculturale, evitando di creare sacche di segregazione. A livello architettonico occorre comprendere dove operare per migliorare la qualità di un tessuto urbano in cui strutture lasciate all’incuria versano in condizioni disastrose. Mi riferisco a diversi casi di edilizia pubblica, su cui è necessario intervenire con urgenza ma allo stesso tempo con grande attenzione. Dove possibile, riqualificare, pensando anche ad una gestione diversa di questi spazi, con forme che contemplino l’introduzione di servizi e il rafforzamento della cooperazione. Se necessario, demolire, ma per ricostruire in modo idoneo, con strutture meno energivore e più coerenti con le necessità dell’abitare urbano contemporaneo. Tutto ciò va realizzato coinvolgendo in prima persona i residenti, perché la città è fatta di abitanti prima ancora di abitazioni.

In tutto questo processo mirato a determinare un miglioramento del tessuto urbano, che importanza ha o dovrebbe avere la figura dell’architetto?

Non dimentichiamoci che le linee di intervento sulla città vengono scritte dalla politica e non dall’architettura. Il compito dell’architetto, piuttosto, è cercare di anticipare il futuro, decifrare le questioni e i problemi della realtà in cui si trova e porre ai decisori domande e nuove prospettive. In questo, la figura dell’architetto è cruciale.

stefano boeri, rivoluzione verde

Foto:Ufficio Stampa Stefano Boeri

In una recente intervista, alla qualifica di “archistar” ha detto di preferire nettamente quella di “archistreet”…

Abbiamo appena terminato due interventi in aree del centro Italia colpite dal sisma: una è un polo dell’alimentazione e del gusto, l’Area Food, ad Amatrice, l’altro è un centro polifunzionale a Norcia. Li abbiamo realizzati parlando con gli abitanti, coi sindaci, coi gestori, con gli utenti: questo significa stare sul territorio. E questo significa, per me, essere un archistreet.

In tema di sostenibilità, ambientale e sociale e di città, a che punto siamo in Italia? E nello specifico su Milano, la sua città, che giudizio ne dà?

La situazione è molto eterogenea, non è possibile parlare di una media per le città italiane. Ogni realtà ha peculiarità che la rendono unica. Quindi per ognuna è necessario formulare

un singolo giudizio. Su Milano il mio giudizio è positivo, in quanto è riuscita in questi anni a diventare una protagonista trainante dell’intero Paese. L’errore che non deve permettersi di fare è adagiarsi in questo successo: non deve cadere in arroganza, e deve sapere essere sempre generosa e innovativa, cercando di coinvolgere le altre città in questo processo virtuoso.

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