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Norman Myers: lottare sempre. Per il pianeta

di Paolo Magliocco
15 Settembre 2010

Anni fa il Wwf gli disse che agli inizi del nuovo millennio l'estinzione delle specie animali sarebbe stata di una l'anno. Oggi si calcola sia di circa 30 al giorno. Quindi mai sottovalutare i rischi. Senza abbandonarsi però al pessimismo. Anzi. Continuare, con piccole e grandi azioni, ad agire. Come quella volta che la Shell voleva affondare una piattaforma petrolifera....

Norman Myers, ecologistaNorman Myers da più di 35 anni si occupa di ecologia. La situazione è grave, dice, ma siamo in grado di farcela È un ambientalista della prima ora. Ha scoperto i problemi dell’ecologia quando non erano ancora così di moda, ci è arrivato grazie alla sua passione per la natura, e alla fine ha investito tutte le proprie energie per studiarli e provare a risolverli . Oggi ha 76 anni compiuti, 19 libri pubblicati alle spalle (l’ultima fatica è stata il contributo all’opera Eco Sphera che la Utet sta pubblicando in Italia, una sorta di enciclopedia dell’ambientalismo scientifico in sei volumi), una cattedra a Oxford (ma è visiting professor in molte altre università), il ruolo di consulente di organizzazioni come le Nazioni Unite e la Banca Mondiale, ma continua a girare il mondo per raccontare tutto quello che sa. Parla in maniera diretta e, in qualche modo, il suo modo di esprimersi ricorda il suo passato di fotografo: a chi lo ha ascolta consegna immagini nitide, precise, che colpiscono sempre. In tanti anni non ha perso minimamente né la passione della denuncia per la situazione in cui si trova il pianeta né la speranza che le cose migliorino e che la Terra possa avere un futuro migliore.

 

Quanto è drammatica la situazione oggi?

Come si può spiegarlo in poche frasi. Ci vorrebbero molto tempo e molto spazio. Però proviamo a chiederci: pensiamo che i nostri figli e nipoti vivranno in un mondo ancora accettabile? O che si troveranno a fare i conti con una situazione difficile e pericolosa? Ecco, se guardiamo alle generazioni future, se pensiamo al mondo che abiteranno possiamo capire perché preoccuparci. Gli ambientalisti sono spesso accusati di esagerare. Nel 1972 volevo studiare l’estinzione delle specie. Provai a rivolgermi al Wwf e mi dissero che secondo i loro calcoli la velocità di estinzione era di una specie all’anno. Be’, mi dissi, forse è un numero non tanto preoccupante. Ma non mi convinceva e così mi misi a rifare i calcoli e scoprii che erano stati presi in considerazione solo i mammiferi, gli uccelli, i vertebrati in generale e le piante, ma mancavano moltissime parti del regno animale. Rifacendo i conti calcolai che la velocità di estinzione poteva essere di una specie al giorno. Mi dissero che ero allarmista. Oggi si parla di 20 o 30 specie al giorno, e qualcuno stima che siano 40.

After the extinctions ... at least our kids will always have the dominoes, album di woodleywonderworks/flickr

Lei ha coniato il termine di profughi ambientali e sostiene che questa sia una delle emergenze più forti. Che cosa significa questa espressione?

Se non sapete che cosa sono i profughi ambientali, nell’arco di qualche decennio lo scoprirete. Le persone che approdano sulle coste dell’Europa o negli Stati Uniti non sono che un rivolo di un torrente in piena che vedremo nell’arco delle nostre vite. I profughi ambientali sono le persone che si spostano dalle zone in cui vivono a causa delle condizioni ambientali, dalle alluvioni alle carestie. Abbiamo stimato che saranno almeno 500 milioni di persone che arriveranno soprattutto dall’Africa subsahariana, dalle coste della Cina e dell’India.

 

Climate Change Refugees, album di ItzaFineDay/flickrC’è modo di fermare questo torrente?

Bisogna aiutare queste persone a costruire un futuro sostenibile nei loro Paesi. Investendo nelle fonti di energia giuste, nell’agricoltura. Ma i politici spesso sono sordi. Volete proprio che dica che cosa penso dei nostri politici? (Myers sorride e tace).

 

Eppure lei continua ad essere ottimista…

Ciascuno di noi può fare qualcosa, le persone ascoltano e capiscono e a volte riescono a ottenere risultati insperati. Ho in mente due casi. La Shell voleva affondare una piattaforma petrolifera nel Mare del Nord, ma quando le persone se ne sono accorte è cominciata una protesta, soprattutto in Germania, che ha costretta la compagnia petrolifera a cambiare programma. Quando si è saputo che Burger King, la catena di fast food, allevava i bovini in Sud America disboscando le aree da destinare a pascolo, è partita una campagna di boicottaggio che ha portato l’azienda a interrompere questa pratica.

 

Quindi bisogna provare sempre a fare qualcosa…

Certo. Le prime due cose che ciascuno può fare sono: spegnere il televisore e gli altri elettrodomestici anziché lasciarli in stand-by e diminuire la velocità quando si usa l’auto.

 

E’ così importante?

C’è una fonte energetica che viene sempre dimenticata ed è l’efficienza energetica: bisogna usare meglio ogni singola goccia di petrolio o chilo di carbone. Si può fare. Un amico in Colorado ha realizzato una casa a 1500 meri che consuma pochissimo. Si può fare per le automobili, per i consumi elettrici, e così via.

 

Lei ritiene che siano più importanti le piccole azioni rispetto ai grandi progetti, come quelli per la produzione di grandi quantità di energia da fonti rinnovabili?

Ma perché parlare di “questo o quello”? Bisogna fare questo e quello. Tutte e due le cose.

Clean energy at work for earthday!, album di daveeza/flickr

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