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Natasha Calandrino: alla scoperta dello slowdesign

di Maddalena Bonaccorso
1 Settembre 2014

La designer milanese racconta i principi ispiratori della filosofia basata sul concetto di oggetto utile realizzato nel pieno rispetto delle regole della sostenibilità

La sua è una storia di internazionalità e ricerca. Di sensibilità per l’ambiente e di gusto per il bello, in un mondo come l’architettura che per fortuna, dopo anni di culto dell’ego fine a sè stesso, sta decisamente virando verso la sostenibilità.

Nata a Londra nel 1966, laureata presso il Politecnico di Milano, Natasha Calandrino è fondatrice dello studio “Archimuse”, ideatrice del brand NVK Design, ed è coautrice del “Manifesto dello Slow design”, che dal 2002 detta regole comportamentali sostenibili da seguire nel processo di creazione di oggetti rispettosi dell’ambiente.

Wisesociety.it l’ha intervistata per capire la sua sensibilità verso i temi ambientali e la sostenibilità.

Qual è stato il suo percorso lavorativo?

Uno dei capi della linea Daydoll della NVK

Dopo la laurea a Milano e un’esperienza in una multinazionale di prodotti per l’edilizia, ho aperto uno studio professionale associato chiamato “Archimuse” che fin dagli esordi si è occupato di architettura e design, spaziando dalla ristrutturazione di appartamenti, locali pubblici e chiese alla collaborazione con diverse aziende di design.

La nostra attività è stata sempre contraddistinta dalla sensibilità verso i temi ambientali e la sostenibilità, percorso da noi iniziato al Politecnico di Milano con il prof. Ezio Manzini, che è tra i massimi promotori della ricerca nell’ambito del design sostenibile e del design strategico.

Poi, nel 2010 ho brevettato un nuovo indumento femminile ad alta vestibilità totalmente sostenibile e ho iniziato un nuovo percorso occupandomi anche di fashion design e fondando l’attuale brand NVK Design.

Da dove proviene il suo interesse per la sostenibilità e da dove nasce l’idea del “manifesto dello slowdesign”?

L’idea di slowdesign scaturisce naturalmente dalla consapevolezza che l’attività di architetto e designer, cioè costruttore di luoghi e manufatti, ha un notevole impatto sul territorio sia in termini di consumo del territorio stesso che in termini di creazione di materia.

Ragionando sul concetto di responsabilità verso le future generazioni che abiteranno il nostro pianeta, ci siamo resi conto che l’accelerazione dei consumi alla quale stiamo assistendo produce continui “scarti”, rifiuti che rischiano di occupare i luoghi del nostro vivere.

In sostanza abbiamo capito che i nostri nonni erano più sostenibili perché creavano oggetti che duravano più a lungo, che consumavano materia prima locale e che erano utili: tre punti cardine del concetto di slowdesign, che rigetta il concetto di gadget fine a sè stesso e torna al significato di “utensile” ossia oggetto utile.

Come portate avanti, nel lavoro di tutti i giorni, i principi dello slowdesign?

Scegliendo materia prima locale il cui trasporto non abbia avuto significative produzioni di CO2, selezionando prodotti che durano nel tempo e che non siano troppo costosi perchè questo – spesso – è indice di una “complessità” di lavorazione i cui passaggi hanno richiesto molta energia e quindi molta emissione di anidride carbonica.

Quali sono i prodotti di design realizzati dal suo studio che hanno riscosso maggior successo e maggiore interesse?

La collezione di fashion design NVK Daydoll totalmente realizzata in modal, un derivato della cellulosa. Nvk Daydoll è lo yoga applicato all’abbigliamento. Il biologico duraturo che arriva nell’armadio in modo silenzioso ed efficace, conquistando al primo contatto con la pelle.

NVK e NVK DayDoll non sono semplicemente collezioni di capi di abbigliamento da indossare per stare bene e sentirsi bene, sono una filosofia di vita che, applicando lo SlowDesign all’abbigliamento, si inventano in modo creativo quanto utile, capi che prima non esistevano: una sorta di “all over” che nasce per la bella stagione con la linea mare, ma si declina in città e per i climi più freddi in un doppio strato di tessuto in double face che permette di conservare il tepore del proprio corpo, ingentilisce le forme femminili, esalta quelle maschili e garantisce la traspirazione corporea rendendo salubre il gesto quotidiano del vestire. Un ritorno alla semplicità del viver sano e alla praticità, senza sacrificare l’eleganza e la seduzione.

Facili da trasportare nel microspazio di una borsetta, si lavano in acqua fredda con pochissimo sapone e praticamente non devono essere stirati: perfetti per chi vuole vivere “eco”.

Come nasce un oggetto di NVK? Partendo dall’idea dell’oggetto in sé o dallo scopo che si vuole raggiungere in termini di sostenibilità, manodopera, consumo critico?

Il Servomutante prodotto dalla NVK

Le due cose sono inscindibili, nessun oggetto nasce senza rispondere a una necessità esistente oppure ad un’esigenza già soddisfatta, ma senza i criteri di sostenibilità.

Il Servomutante, per esempio, è un oggetto multifunzione che, a seconda delle esigenze

o dei gusti, assume diverse sembianze, pur mantenendo sempre le sue funzioni di lampada a LED, guardaroba o attaccapanni, profumatore d’ambiente.  Servomutante offre la possibilità di un’interazione polisensoriale in uno spazio, quello dell’ingresso, nel quale è particolarmente importante, oltre che gradevole, creare un’atmosfera di accogliente benvenuto.

Da parte dei suoi colleghi e dalle realtà con le quali viene a contatto, riscontra o ha riscontrato un interesse crescente verso l’approccio sostenibile al design e all’architettura?

Siamo purtroppo ancora in una nicchia e il tema della sostenibilità è spesso abusato da chi fa green washing senza prevedere che la disaffezione ai progetti seriamente sostenibili potrebbe risultare deleteria per le future generazioni.

 Negli ultimi anni, nel campo dell’architettura e delle grandi kermesse come la Biennale, osserviamo sempre maggiore attenzione verso le tematiche “green”. Lei che ha grande esperienza internazionale, nota grandi differenze di approccio al problema tra le varie nazioni? Anche a livello di legislatura?

Con un piccolo rammarico devo dire che in Europa c’è maggiore attenzione al tema soprattutto nei paesi di stampo anglosassone o nordico: noi latini arranchiamo un po’.

Credo però che la consapevolezza dei tre grandi bisogni dell’individuo, cibarsi, vestirsi e dimorare, stiano a mano a mano diventando l’occhio del ciclone di una rivoluzione culturale che anche da noi ha i suoi meravigliosi adepti.

Qual è l’oggetto di design del futuro che vorrebbe creare?

Un generatore di gentilezza, ne abbiamo bisogno.

 

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