Wise Society : Matteo Cielo: i dipendenti sereni sono un vero affare
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Matteo Cielo: i dipendenti sereni sono un vero affare

di di Francesca Tozzi
26 Gennaio 2011

Etica di impresa e salvaguardia dell'ambiente. Sono le parole d'ordine alla "San Matteo", società vicentina che produce vini, all'avanguardia sui temi della qualità del lavoro e la prevenzione dello stress. È l'unica strada possibile, racconta il responsabile tecnico, per migliorare l'efficienza ed evitare tensioni. Risparmiando sui costi

Matteo Cielo, managerIl vicentino è una zona del nostro Paese dove le imprese sono particolarmente attente alla sicurezza e al benessere dei lavoratori. Fra queste spicca l’azienda vinicola San Matteo (www.sanmatteo.com) di medie dimensioni e di tradizione familiare, che vanta una serie di riconoscimenti legati all’etica di impresa, alla responsabilità sociale e alla salvaguardia dell’ambiente come il Premio Azienda Sana, vinto due volte, il Sodalitas Social Award e l’Ethic Award. Non solo. È anche in regola con la normativa sulla valutazione del rischio da stress lavoro-correlato già da diversi anni, in netto anticipo sulla legge entrata in vigore solo adesso. Il management è rappresentato da due o tre figure che si distribuiscono tra loro diversi incarichi: Matteo Cielo oltre a essere il responsabile tecnico dell’azienda, è anche delegato di Confindustria per la responsabilità sociale a Vicenza: è lui, infatti, che coordina le attività di monitoraggio della soddisfazione dei dipendenti e del rischio da stress lavoro-correlato.

Da dove nasce questa vostra attenzione particolare al benessere dei dipendenti?

Dalla convinzione che una buona gestione delle risorse umane risparmi loro stress e malattie e all’azienda costi inutili. Se il dipendente è sano e soddisfatto, lo è anche l’azienda dove lavora. Per questo, dal 2003, ogni sei mesi proponiamo ai nostri 26 dipendenti un questionario per monitorare il loro grado di soddisfazione e capire se ci sono delle problematiche da risolvere. Le risposte sono raccolte in forma anonima secondo quanto previsto dalla norma SA 8000, una certificazione di responsabilità sociale che garantisce l’anonimato per consentire al lavoratore di esprimersi liberamente.

Veduta aerea San Matteo
E poi cosa succede?

Il feed back di questo lavoro lo otteniamo organizzando dei focus group dove vengono analizzati i risultati dei questionari, si raccontano le problematiche emerse e si propongono delle soluzioni. I problemi che emergono sono i più svariati: dall’eccessivo carico di lavoro alla necessità di avere a disposizione più tempo, più spazi, più autonomia organizzativa per poterlo svolgere, ma anche disagi legati alla sicurezza e alla necessità di una formazione più specifica per certe mansioni. Le soluzioni sono su misura, ma devono coinvolgere tutto il team. Faccio un esempio: di recente un nostro collaboratore ha detto di sentire la necessità di un appoggio perché il suo lavoro era troppo impegnativo; gli abbiamo affiancato un collega riorganizzando i compiti di tutti. Alla fine della riunione, poi, si fa una cosa che può sembrare banale ma è fondamentale: l’elenco delle cose da risolvere e delle priorità.

Chi è presente alle riunioni?

Sono quasi sempre autogestite. I lavoratori eleggono un proprio rappresentante che svolge un ruolo di mediazione con la proprietà, per tutte le questioni inerenti la responsabilità sociale. Per dare loro un’ulteriore opportunità di esprimersi liberamente e con serenità, senza paura di creare tensioni con i capi, ospitiamo in azienda una parte terza, l’ente di certificazione della SA 8000, i cui rappresentanti effettuano dei colloqui a campione con i dipendenti, raccogliendo il loro punto di vista ed eventuali problemi, ansie, insoddisfazioni. A questi colloqui la proprietà non può partecipare.

l’Oasi RelaxVi appoggiate a consulenti e figure esterne per svolgere questo lavoro?

No, è una cosa che gestiamo bene all’interno dell’azienda. Chi può conoscerne le dinamiche e i problemi meglio di chi ci lavora dentro da anni? Un consulente esterno, non conoscendo né la società né i suoi dipendenti, avrebbe bisogno di un tempo d’approccio e il tempo è denaro. Sono poi convinto che alla base di tutto ci sia la mentalità dell’impresa. Non contano le dimensioni: ci sono multinazionali che trascurano i temi della sicurezza mentre in strutture più piccole è all’ordine del giorno; e viceversa. Il fatto di avere figure dedicate come lo psicologo del lavoro o il responsabile delle risorse umane non è sempre una garanzia di una ottimale gestione. Se un imprenditore è sensibile al tema del benessere dei suoi dipendenti riuscirà a fare qualcosa anche con un budget limitato.
Quanto vi viene a costare tutto questo?

È  impossibile ragionare in termini di costi/benefici perché non si possono isolare e tantomeno misurare. Se un dipendente è troppo stressato e se ne va, è necessario trovare un sostituto e magari ci vuole del tempo e comunque la nuova risorsa va formata. Se i dipendenti sono soddisfatti e rimangono, l’azienda risparmia ma anche questo risparmio non si può misurare. Il nostro è un progetto integrato che cura la responsabilità sociale insieme ai temi della sicurezza e dello stress. Lavoriamo con le nostre risorse interne, passo dopo passo, sulla base delle indicazione che via via emergono; i nostri dipendenti ci hanno chiesto di recente un’area dove potersi rilassare e noi ne abbiamo allestita una con tavoli, sedie, divano, tv e una piccola cucina. Il nostro progetto è sostenibile e non richiede grandi investimenti economici, solo di tempo: ma è tempo bene speso.

E per quanto riguarda la valutazione dello stress?

Abbiamo inserito la voce dello stress lavoro-correlato nell’analisi del rischio integrale, quello che valuta la sicurezza sul lavoro, le questioni ambientali e la responsabilità sociale. Per valutarlo, sulla base dei risultati dei questionari, misuriamo il rischio da stress sia dal punto di vista della probabilità con una scala da uno a tre (bassa, media, alta) sia da quello della gravità, sempre con un punteggio da uno a tre. Incrociando i due indicatori emerge la gravità del danno che in scala è al massimo nove. Questo è uno standard riconosciuto dall’Inail con cui si analizza il rischio per quanto riguarda la sicurezza sul lavoro ma è applicabile anche alla valutazione dello stress. Non avrebbe avuto senso inventarne uno nuovo. In una piccola azienda come la nostra anche questo consente di tagliare i costi e semplificarci la vita.

San Matteo

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