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Mario Brunello: fuori la musica dai teatri per diventare patrimonio di tutti

di Vincenzo Petraglia
6 Luglio 2011

Il violoncellista veneto, di fama internazionale, è impegnato da anni nel proporre un modo diverso di fare e ascoltare musica colta. Con l'obiettivo che quest'arte possa arrivare a tutti: dalle cime delle montagne al deserto del Sahara. Attraverso l'esperienza della condivisione e della partecipazione

Mario Brunello, musicista - foto Daniele Lira-Trentino spaÈ uno dei più interessanti violoncellisti contemporanei, interprete geniale e innovativo, noto per essersi esibito con le orchestre e i direttori più famosi del mondo e per aver suonato nei posti più impensabili e remoti del pianeta. Perché a guidare Mario Brunello, dal deserto del Sahara alle Dolomiti passando per il Monte Fuji, è la ricerca della culla primordiale di ogni grande composizione: il silenzio assoluto. Un approccio originale che lo spinge, nelle sue scelte artistiche, a una continua sperimentazione nel tentativo di portare sempre di più la musica (sul sito www.mariobrunello.com è possibile ascoltare diverse sue interpretazioni) fuori dai teatri e dalle sale da concerto, fra la gente comune. Da poco ha pubblicato Fuori con la musica (Ed. Rizzoli, aprile 2011), un viaggio intorno ai luoghi di quest’arte e nelle opere dei grandi compositori, attraverso un linguaggio semplice e a portata di tutti, carico di emozioni e grandi suggestioni.

Com’è avvenuto il suo incontro col violoncello?

Del tutto casualmente. Da ragazzino suonavo la chitarra e il mio maestro mi disse che secondo lui avrei dovuto suonare il violoncello. Ho seguito il suo consiglio, perché mi fidavo di lui ed eccomi qui. Quindi alla base non c’è stata una scelta, un progetto che avevo già in mente: sono stati la fortuna e gli incontri a segnare e delineare il mio percorso.

Cosa le ha insegnato la musica?

A mettermi in ascolto, a essere quindi sempre disposto ad ascoltare gli altri.

La musica potrebbe contribuire, se fosse insegnata meglio a scuola, a formare uomini e donne migliori?

Indubbiamente sì. È dimostrato da molti studi che i bambini che fanno musica hanno una maggiore sensibilità, meno inibizioni e una maggior capacità di dialogo con gli altri. E, infatti, non si capisce perché non si possa mettere finalmente in moto un sistema scolastico che tenga conto degli importanti benefici che la musica potrebbe dare ai ragazzi.

Mario Brunello nella Cattedrale Vegetale di Arte Sella (foto Ronny Kiaulehn)

L’esperienza musicale ci dà modo di apprezzare meglio anche il silenzio e i suoni della natura?

Il silenzio e il tempo hanno un ruolo fondamentale nella vita dell’uomo e nella musica. Bisogna ogni tanto fermarlo, questo tempo, per ascoltare anche se stessi e ciò che ci circonda. La musica colta ha questa capacità: è benessere per la mente e per la nostra esistenza. Fermarsi, ritagliarsi ogni giorno una mezzora per ascoltarsi non può che esserci di grande aiuto.

Qual è l’alchimia che si crea fra musica e natura? Cos’hanno in comune?

Il silenzio è il liquido amniotico dove la musica nasce. Se devo immaginarmi un compositore lo vedo immerso nel suo silenzio, magari in mezzo al traffico della città, ma immerso comunque nel suo silenzio interiore.

Lei ha un rapporto molto forte con la natura. Fra i tanti luoghi insoliti dove ha scelto di suonare ce n’è uno che l’ha colpita particolarmente?

Il deserto, con la sua totale assenza di rumore. È il luogo dove veramente avverti la presenza viva del silenzio. Ma anche musica e montagna hanno molto in comune: sono entrambe incommensurabili. E il mondo dell’alta quota diventa un anche un mezzo  per avvicinare le persone alla musica, in quella dimensione di silenzio di cui si parlava poco fa. È così che è nato, per esempio, il festival I Suoni delle Dolomiti, proprio per creare intimità fra la musica, l’artista e il pubblico. Quest’anno, tra le tante iniziative, abbiamo organizzato anche un trekking per un ristretto numero di persone con una grande alpinista come Nives Meroi. D’altronde chi più di lei, che vive la montagna in modo così intenso, può parlarne in maniera più consapevole?

Mario Brunello trekking (foto Daniele Lira)

La sua idea di allargare il pubblico musicale passa anche attraverso il progetto di Antiruggine, un ex capannone per la lavorazione del ferro a Castelfranco Veneto che lei ha trasformato in una delle più innovative esperienze culturali del Nord-Est. Ci spiega meglio come funziona?

Antiruggine è uno spazio libero che non ha legami né con sponsor né con istituzioni e vuol favorire appunto l’incontro tra la grande musica e la gente comune. Inaugurato nel 2007, ospita artisti di passaggio e non ha neppure un calendario fisso di concerti: proprio questo ci dà molta agilità e libertà. La parola d’ordine è condivisione: tutto quel che vi accade è frutto degli incontri con artisti di diverso genere che conosco in giro per il mondo e incrocio sulla mia strada. La particolarità di questo luogo è il fatto che il pubblico non assiste a semplici esibizioni, ma condivide con gli artisti un’esperienza più ampia. Così chiunque, letto il cartellone in rete (www.brunelloantiruggine.blogspot.com), può partecipare agli incontri di Antiruggine e trovarsi faccia a faccia con i vari ospiti, scambiando con loro anche idee ed punti di vista. Perché io, da sempre, sono convinto che l’artista deve sempre cercare di aprirsi agli altri e condividere la propria energia creativa.

Abbiamo bisogno insomma di un’arte e di una musica, soprattutto quella classica, più democratiche?

Sì, è proprio il termine giusto. L’arte non può rimanere confinata fra le mura di teatri e musei, ma deve arrivare nella vita di tutti, deve appunto essere più democratica.

Cover libro "Fuori con la musica"Cosa differenzia la musica dalle altre espressioni artistiche?

La differenza sostanziale sta nel fatto che il linguaggio della musica lo si comprende soltanto quando l’arco di tempo è compiuto, quando cioè l’opera è finita. Tutte le altre forme d’arte non hanno questa esigenza obbligata, nel senso che una frase per esempio di una poesia o uno sguardo su un quadro possono portare, partendo solo da quelli, a comprendere a fondo l’intera opera. Con la  musica non è così e bisogna aspettare che il tempo della composizione si compia.

Recentemente lei ha partecipato al progetto “7 mosse per l’Italia” in barca a vela con Giovanni Soldini. L’obiettivo del vostro equipaggio  era quello di trovare idee concrete da suggerire ai nostri politici per risollevare le sorti dell’Italia. Com’è andata?

È stata un’esperienza straordinaria e densa di significati che ha dimostrato come un gruppo di persone anche eterogeneo, possa pensare in modo proficuo al futuro del proprio Paese, senza nessun obbligo di trovare soluzioni, ma con il desiderio forte di riflettere sui problemi reali scambiando idee e progetti. È proprio quello che la politica dovrebbe fare per dare un futuro dignitoso alla nazione e speranza ai giovani. Noi ci abbiamo provato, adesso tocca a loro.

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