Wise Society : Così si aiuta una mamma a crescere il proprio figlio
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Così si aiuta una mamma a crescere il proprio figlio

di Fabio Di Todaro
9 Maggio 2018

Lo spiega Alessandra Sala, psichiatra e co-fondatrice dell’associazione Kairos Donna

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“Se oggi molte donne fanno i figli più tardi, è perché prima vanno a caccia della stabilizzazione professionale. Una volta raggiunta, chi ha il desiderio di diventare mamma ripartisce le proprie attenzioni sulle due priorità: la vita professionale e quella familiare”, sostiene Alessandra Sala psichiatra e co-fondatrice dell’associazione Kairos Donna. Foto: iStock

C’è chi non tornerebbe mai indietro e chi si sente un po’ repressa. Chi pensa di aver ritardato troppo la scelta e chi ha bruciato le tappe. Domenica 13 maggio si celebra la festa della mamma e tutte le donne che hanno già allargato la famiglia si soffermeranno un momento in più sul loro status. Mettere al mondo un figlio è il mestiere più difficile: su questo punto sono d’accordo quasi tutte le rappresentanti del gentil sesso che hanno provveduto ad allargare la famiglia. Farlo oggi, per molte, è quasi una sfida, in un Paese che strabuzza gli occhi ogni volta che le statistiche segnalano un ulteriore passo indietro nei tassi di natalità, ma che non fa (quasi) nulla per invertire la rotta. Wise Society ne ha parlato con Alessandra Sala, psichiatra del dipartimento di salute mentale dell’Ulss 8 di Vicenza, tra le fondatrici dell’associazione «Kairos Donna» a tutela della salute mentale della donna, dei disturbi relativi alla perinatalità e al postpartum.

Diventare mamme oggi è più difficile rispetto al passato?

I confronti servono a poco, ma è un dato di fatto che la fase perinatale non è vissuta più come lo era una volta. Oggi la donna ha una rete di rapporti virtuali molto forti, ma spesso si ritrova sola nella vita reale. Prima, invece, non era così. La donna viveva questa fase in compagnia di altre persone che avevano già vissuto la stessa esperienza: mamme, zie, nonne, cugine, amiche. Oggi la società mette a disposizione opportunità che prima non c’erano. Ma questo spesso non è sufficiente: non tutte le future mamme sono pronte a gestire una fase in cui l’equilibrio psicofisico è delicato.

Come si è evoluto il concetto di maternità?

Se oggi molte donne fanno i figli più tardi, è perché prima vanno a caccia della stabilizzazione professionale. Una volta raggiunta, chi ha il desiderio di maternità ripartisce le proprie attenzioni sulle due priorità: la vita professionale e quella familiare. Gestire questa fase non è semplice, però, perché sulla donna si sviluppa una pressione fortissima. C’è chi riesce a gestirla e chi invece avrebbe bisogno di un supporto, che può non trovare perché i propri genitori sono anziani o semplicemente perché vive in una città diversa dalla loro.

Molte donne si rifugiano sul web: pensa che il mezzo agevoli il percorso o sia fonte di ulteriori preoccupazioni?

Internet, in sé per sé, non è un problema, ma un’opportunità. L’attenzione all’informazione è una peculiarità dei nostri tempi. Il consiglio è quello di non fasciarsi la testa prima di essersela rotta. Va bene informarsi, ma senza farne un grattacapo. Ogni passaggio arriverà da sé e, durante questo periodo, il ginecologo e il pediatra rivestono un ruolo fondamentale. Devono dare i giusti strumenti alla donna, in maniera autorevole. Soltanto così si può evitare che una mamma faccia da sé e corra il rischio di sbagliare, affidandosi a informazioni non sempre attendibili.

Con l’associazione di cui fa parte, ha organizzato il primo «Festival della Maternità» per parlare anche di depressione post-partum: quanto ne sanno le donne italiane?

Poco, nella media: a eccezione di chi ha avuto modo già di registrare una simile esperienza, personalmente o in una persona vicina. In Italia sono tra cinquanta e centomila le donne che se ne ammalano ogni anno. Meno della metà di queste, però, chiede aiuto e sostegno. Questo accade perché c’è ancora uno stigma attorno a questo problema e perché si dà per scontato che una neomamma debba essere o sia felice in ogni istante. Non è sempre così, invece, e bisogna essere preparati per intercettare il disagio di queste donne prima che si slatentizzi.

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“C’è fascia di età ideale per fare figli, che di norma non dovrebbe portarci oltre i 35 anni. Se si cerca di pianificare tutto, si corre il rischio di far saltare uno degli appuntamenti più attesi nella vita di molte donne”, afferma Alessandra Sala sulla possibilità di diventare mamma. Foto: iStock

Di cosa possono avere bisogno queste donne?

Se il rapporto di coppia funziona, spesso occorre potenziare la rete di rapporti sociali. E qui tornano in ballo le responsabilità di un Paese che fa troppo poco per permettere alle giovani coppie di allargare la famiglia e alle donne, in particolare, di dedicare una parte della loro vita all’investimento sulla maternità. Occorre cambiare la rotta, per il bene dell’Italia. Una donna che lavora e riesce a gestire la famiglia spesso trova motivazioni che prima non aveva e può essere anche più produttiva di un uomo.

Ha tre mosse da compiere: cosa farebbe per aiutare una donna a gestire la gravidanza e i primi mesi di vita di un neonato?

Se lavora, le permetterei di rientrare con un orario flessibile e comunque con la possibilità di operare anche da casa, in modo da passare più tempo a contatto con suo figlio. E soprattutto vigilerei su qualsiasi possibile forma di penalizzazione in ambito professionale. La donna, una volta rientrata in servizio, deve occuparsi delle stesse faccende che seguiva prima di andare in maternità.

Non è che alle donne che anelano a una gravidanza oggi manchi pure un po’ di incoscienza?

La vita moderna impone di essere sempre performanti, soprattutto sul luogo di lavoro. Questo determina la scelta di pianificare qualsiasi passo della vita. E allora forse è vero che servirebbe un pizzico di incoscienza per tornare a far crescere il tasso di natalità. A chi mi chiede un consiglio, lo dico sempre. Sono cambiate le nostre abitudini, non l’orologio biologico. C’è fascia di età ideale per fare figli, che di norma non dovrebbe portarci oltre i 35 anni. Se si cerca di pianificare tutto, si corre il rischio di far saltare uno degli appuntamenti più attesi nella vita di molte donne.

Twitter @fabioditodaro

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