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Licia Maglietta: donne? Indietro tutta

di monica onore
4 Ottobre 2010

La passionale protagonista di "Pane e Tulipani" porta in teatro i testi dello scrittore inglese Alan Bennett. Per fare il punto sulla società di oggi e metterci in guardia: le conquiste femminili si stanno perdendo. Ed è l'ora di ricominciare a lottare. Anche al cinema e a teatro

Licia Maglietta attrice e regista napoletanaLicia Maglietta attrice e regista napoletana, ha recitato nei più importanti teatri italiani ed europei e lavorato fra gli altri con Carlo Cecchi, Mario Martone, Toni Servillo, Elio de Capitani. Nel 2000 vince il David di Donatello come miglior attrice protagonista per l’interpretazione del film Pane e tulipani di Silvio Soldini. Brava e appassionata, la incontriamo a Sarzana in occasione del Festival della Mente dove ha portato in anteprima il suo nuovo spettacolo di cui firma la regia: La grande Occasione di Alan Bennett e che la vedrà sul palco insieme alla collega Nicoletta Maragno. Lo spettacolo debutterà a Milano al Teatro Franco Parenti dal 24 Novembre al 5 Dicembre.

 

Come nasce questo spettacolo?

In un momento storico così complicato e contradditorio ho sentito l’urgenza di andare in scena con questo spettacolo per poter riflettere su chi siamo e dove stiamo andando oggi, soprattutto rispetto al mondo femminile. Lo scrittore Alan Bennett che amo particolarmente mi dava la possibilità di approfondire alcune tematiche che mi stanno a cuore. I monologhi delle due protagoniste, Leslie e Susan, sono stati tratti dai racconti: Un letto tra le lenticchie  e L’occasione d’oro. Di Bennet apprezzo soprattutto lo sguardo puntuale, sarcastico, lucido e a tratti feroce sulla realtà. In questo caso poi  il confronto tra i due personaggi principali, donne ironiche, spiritose e un po’ svagate, consente una chiave di lettura del mondo caustica e graffiante.

Chi sono le protagoniste?


Leslie, interpretata da Nicoletta Maragno, è una donna ingenua, fragile che si fa usare inconsapevolmente. Racconta la sua esperienza di attricetta alle prese sul set di un film di discutibile qualità. Susan invece è la moglie di un vicario anglicano che deve sottostare alle regole della comunità.  E’ più lucida e più smaliziata rispetto a Leslie, ma anche lei è inconsapevole: è alcolizzata e crede che nessuno lo sappia.

Leslie e Susan s’incontrano per caso in una cappella laterale di una chiesa, ma non si rivolgeranno mai la parola. I loro monologhi si susseguiranno come un unico discorso e una sola visione sulla realtà. Due narratrici e una storia del cui contenuto non sono interamente coscienti.
Licia Maglietta e Nicoletta Maragno
E cosa rappresentano?


La nostra cultura italiana, benchè siano nate da una penna inglese. L’attricetta Leslie incarna il mondo dell’immagine, della rappresentazione del femminile oggi. Quella che molte donne devono subire quotidianamente nel lavoro e nella vita privata.  Mentre Susan, la moglie del vicario, incarna l’aspetto religioso.
Entrambe in realtà ci sono molto vicine: simboleggiano la chiesa e le tradizioni, da una parte, lo spettacolo dall’altra.

 

Perché accostarle? 

 

Metterle insieme significa ricomporre la faccia di una stessa medaglia.
Nello spettacolo, tra di loro, non si rivolgono mai la parola, recitano monologhi separati, eppure sono accomunate dallo stesso modo di subire la realtà. Entrambe ci rappresentano. Anche Bennet, quando racconta del suo lavoro, spesso accomuna Leslie e Susan. La prima è inconsapevole di sè, del lavoro che fa e delle persone che, sfruttandola, le stanno intorno. Susan rappresenta invece lo sguardo lucido sulla vita quotidiana di un ambiente religioso, ma è anche alcolizzata e pensa che nessuno lo sappia. Entrambe sono ignare della loro condizione, della loro esistenza vera.

 

E per lei cos’è la consapevolezza?

Ne ho un’idea diversa da quella di molte altre persone. Tanti  pensano che una volta raggiunta la consapevolezza si conosca e si sappia tutto, per me non è così. So quello che ho avuto e vissuto, ma quando rivivo ricordi, successi e cose fatte li vedo ogni volta con occhi diversi. Sapere, conoscere, sono una base di partenza che mi consente di mantenere uno sguardo umile sul mondo. Questo riesce a farmi  sentire come se dovessi sempre ricominciare tutto da zero; ed è solo così, solo con questo tipo di occhio aperto sulla realtà che riesco ad esplorarla senza arrendermi.

 

illustration of a mini woman standing on a man's show while looking thro, autore ImageZoo/Images.com/CorbisLei ha detto di recente che le donne italiane hanno fatto un triplo salto mortale, ma all’indietro. Cosa  significa?

Che il nostro ruolo nella società sta arretrando.  Come se la storia dell’emancipazione delle donne fosse un vago ricordo e si stessero spazzando via i risultati di anni di lotte, di lavoro politico. Avevamo conquistato delle cose che si stanno perdendo senza quasi comprenderne il motivo. Per questo bisogna ricominciare a difendersi, a mettere dei punti fermi. Il mio spettacolo parla anche di tutto questo. Racconta la fatica che stanno facendo molte di noi per arginare la volgarità e la violenza dei nostri tempi. Non possiamo più far finta di niente!

 

Che differenza c’è, per lei, tra cinema e teatro?

Il cinema mi ha fatto vivere, spesso, una sensazione più intima, protetta che però, a lungo andare, mi allontana dal pubblico e questo non mi piace. Solo con gli spettatori vicini, e quindi a teatro, sento che non ho “rete protettiva” e questo mi è utile per lavorare meglio. Senza rete ho più adrenalina. Devo essere sempre al massimo. Nel cinema, invece, se sbagli non ci sono problemi, si rifà la scena. Ma questo non mi consente di capire fino a che punto posso arrivare. Se non avessi la palestra delle continue prove per creare un personaggio non saprei dire che attrice sono. Il teatro mi permette di andare a fondo, entrare anche nelle parti più oscure, buie; questo il cinema non me lo consente perché costa e bisogna fare le cose in fretta. Il cinema mi ha dato tanto, ma è il palcoscenico la mia vera passione.

 

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