Wise Society : «La complessità del cervello umano è sorprendente»
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«La complessità del cervello umano è sorprendente»

di Andrea Ballocchi
21 Aprile 2016

Anna Moroni, scienziata premiata nel mondo per le sue scoperte, parla del contributo che biologia sintetica e optogenetica offrono nello studio del cervello e in medicina

Photo by iStockIl cervello è una macchina assai sofisticata. Si stima, infatti, che sia composto da 100 miliardi di neuroni. Studiarlo per comprenderne il funzionamento è l’obiettivo delle neuroscienze. Ma per i suoi progressi è altrettanto importante il lavoro svolto in due ambiti emergenti in campo scientifico: la biologia sintetica e l’optogenetica.

Nella prima opera Anna Moroni, docente di fisiologia vegetale presso il dipartimento di Bioscienze all’Università degli Studi di Milano. L’anno scorso il risultato della sua ricerca, ossia la creazione di BLINK1, una particolare proteina sintetica (detto canale ionico) è stato pubblicato su Science.

Di recente, invece, il laboratorio guidato dalla studiosa ha ottenuto un importante finanziamento comunitario di 2.410.000 euro da parte dell’European Reasearch Council (ERC), con “noMagic”, un progetto sempre focalizzato sulla costruzione di proteine sintetiche. Questi mattoncini “lego” promettono di aiutare la scienza nello studio del cervello, ma anche in campo medico. Come? Lo abbiamo chiesto alla docente milanese, che pochi giorni fa è stata insignita del premio Schaefer Research, assegnato dalla Columbia University di New York – uno degli atenei più prestigiosi al mondo – per un altro versante del suo studio sui canali ionici, sui quali è impegnata da più di trent’anni.

Cosa sono i canali ionici e come entrano in gioco con le attività cerebrali?

I canali ionici sono dei pori presenti sulla membrana cellulare che permettono di comunicare con l’esterno. Potremmo definirli delle porte che fanno entrare e uscire determinate sostanze, gli ioni. Essi hanno una carica elettrica il cui passaggio nel tempo genera corrente. Tale passaggio è interessante per comprendere se il canale è aperto o chiuso. Non solo: il funzionamento del cervello è legato ai segnali elettrici che passano da un neurone all’altro e questi “messaggi” sono generati proprio dai canali ionici.

Che rapporto ha la sua ricerca con le neuroscienze?

La complessità del cervello umano è sorprendente. Per affrontare lo studio di tale complessità è necessario semplificare il sistema. Un modo per riuscirci consiste nell’identificare un gruppo di cellule, “un circuito neuronale”, che si pensa controlli una determinata funzione, e trovare il modo di spegnerlo o accenderlo a comando. Per fare ciò si possono usare i canali ionici, ma è necessario poterli controllare a distanza e in modo molto preciso. Da alcuni anni è stata sviluppata una branca scientifica chiamata optogenetica che permette proprio questo e che si basa sulla luce. Il nostro contributo è stato quello di costruire una proteina sintetica, un canale ionico controllabile a distanza da un operatore mediante la luce.

Da dove nasce l’idea del canale ionico attivato dalla luce?

Tutto è partito dalla biologia vegetale e in particolare dalla ricerca sulle alghe unicellulari e nel modo in cui esse si dirigono verso la fonte luminosa per attivare la fotosintesi clorofilliana. Un biologo vegetale, Peter Hegemann, ha scoperto che le alghe utilizzano dei canali ionici attivati dalla luce. Uno neuropsichiatra statunitense, Karl Deisseroth, è riuscito a trasporre lo stesso meccanismo per i neuroni, aprendo alla possibilità di controllarli con la luce. I canali ionici presenti in natura funzionano tutti nello stesso modo, attivando le cellule neuronali. Ma alla ricerca ne serviva uno capace di inibire l’attività di un neurone. In natura non esiste ed è per questo che serviva un prodotto di sintesi. Qui è entrato in gioco il mio laboratorio. Abbiamo trovato in una pianta il recettore della luce e, debitamente collegato al canale ionico, lo abbiamo reso funzionante. È nata così BLINK1.

Su cosa si sta concentrando ora la sua ricerca?

Si è aperta una nuova via nella biologia sintetica. Il progetto che ha ottenuto l’ERC Advanced Grant è mirato a studiare metodi di attivazione alternativi alla luce, perché essa non penetra nei tessuti o comunque non in profondità, costringendo così a intervenire in modo invasivo sulle cavie da laboratorio. L’idea innovativa da noi proposta è attivare i canali ionici con i campi magnetici perché essi penetrano in profondità nei tessuti senza alcun danno. In più hanno la capacità di attivare più parti del cervello contemporaneamente e anche in modo sequenziale, aumentando così la complessità dei circuiti che è possibile studiare. Altra nostra proposta è utilizzare gli ultrasuoni e gli infrarossi; questi ultimi penetrano più in profondità della luce visibile e con essi stiamo sviluppando, sempre a livello sperimentale, un progetto per rendere stimolabile il canale specifico che regola la frequenza del battito cardiaco.

Quali prospettive si aprono e quali vantaggi offrono in campo medico le ricerche basate sul canale ionico di sintesi?

È bene essere molto cauti nel prospettare scenari. Ma per quanto riguarda le applicazioni, ci sono sviluppi interessanti per lo studio della retina e per le patologie della vista. In questo senso dalle sperimentazioni animali si passerà presto a quella umana. Le proteine di sintesi possono supplire, debitamente introdotte, alla mancanza dei L'apertura e la chiusura del canale ionico nel cervello umano nella ricerca di Anna Moronifotorecettori, cellule che permettono di recepire la luce e la cui perdita è spesso legata alla insorgenza di specifiche patologie degenerative oculari. Ciò non vuol dire offrire la possibilità di riacquistare la vista, ma quantomeno di percepire delle ombre. Sulle altre potenziali applicazioni nella lotta a malattie neurologiche come il Parkinson siamo ben lontani. Tuttavia alcune patologie come la depressione potrebbero trarre giovamento dall’applicazione dell’optogenetica. Inoltre ho presentato alla Columbia University un progetto sempre legato ai canali regolati dalla luce che mi è valso il premio Shaefer Research (250 mila dollari). Mi permetterà di trascorrere un anno a New York per svolgere ricerche focalizzate sull’applicazione di BLINK1 all’interno della cellula, precisamente nel mitocondrio, vera e propria “centrale elettrica” cellulare. È un organello particolarmente a rischio di stress ossidativo, causa dell’invecchiamento. Grazie al canale ionico di sintesi si potrebbe ridurre il transito di elettroni lungo la catena, una condizione particolarmente vantaggiosa in alcune situazioni. Una di queste riguarda il trattamento del cuore post infarto.

Dalla recente scoperta del primo batterio creato in laboratorio, la biologia sintetica è una nuova frontiera molto promettente…

Certamente. Da un lato, è la riprova della profonda conoscenza da parte dei biologi del funzionamento dei meccanismi cellulari e molecolari al punto che ora li si può utilizzare come mattoncini di “lego” per ricostruire non solo lo stesso organismo, ma organismi e funzioni nuove, funzionali alle esigenze sia scientifiche che tecnologiche. Dall’altro è una disciplina che permette di comprendere ancora meglio il funzionamento degli organismi complessi: è quello che gli inglesi definiscono learning by building, imparare cioè come funziona un oggetto, semplicemente costruendolo. Stiamo assistendo all’evoluzione della conoscenza, che porta alla costruzione di nuove soluzioni capaci di offrire vantaggi in diversi campi della scienza medica e non solo.

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