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Gina Di Cecco: lo sviluppo di nuovi progetti sarà fatto con i nostri clienti

di Sebastiano Guanziroli
21 Giugno 2011

La manager della responsabilità sociale della storica De Cecco è convinta che il pubblico oggi dia maggior valore alla qualità dei prodotti e sia disposto a premiare chi investe in difesa dell'ambiente e nelle buone pratiche aziendali. Per questo l'impresa abruzzese è sempre più impegnata a promuovere comportamenti virtuosi in tutta la filiera. Coinvolgendo anche i consumatori

Gina Di Cecco manager, foto Paolo RobaudiOltre un secolo di storia costruita su uomini e valori. De Cecco, fondata nel 1886 a Fara San Martino (CH) è un marchio dell’industria alimentare che oggi vale oltre 220 milioni di euro di fatturato, ma che non guarda solo ai numeri come misura del proprio successo. L’azienda abruzzese ha adottato uno stile imprenditoriale che parte dalla qualità del prodotto (pasta, farine, semola, olio, sughi) per comunicare una visione etica che passa attraverso la crescita sostenibile. Un Bilancio Sociale, una politica molto attiva per la Responsabilità Sociale, una serie di standard e certificazioni adottate volontariamente sono gli strumenti con cui quei valori sono stati tradotti in pratica. Gina Di Cecco, che si occupa della Responsabilità Sociale aziendale, ci spiega in che modo

Che cosa significa responsabilità sociale d’impresa per De Cecco?

La nostra responsabilità d’impresa affonda le radici nel valore più profondo dell’azienda, cioè la qualità di ciò che produciamo. Il dovere di ogni azienda è crescere, ma in modo sostenibile, generando ricchezza per sé e per gli altri soggetti coinvolti: dipendenti, clienti, fornitori, comunità, e infine il Sistema Paese. Per farlo, la responsabilità non deve essere un valore  aggiunto solo alla fine del processo industriale, ma una parte integrante e strategica del core business.

La storia

In concreto dove si concentra il vostro impegno? In che ambiti siete più attivi?

Siamo partiti nel 2005 chiedendo la certificazione SA8000, il più importante standard internazionale in materia di responsabilità sociale, un modello gestionale che si propone di garantire il comportamento etico, con particolare riferimento alle condizioni di lavoro. La certificazione ha messo De Cecco in condizione di capire, grazie a uno strumento di gestione, a che punto si trovava. Da lì l’azienda ha avviato un percorso di miglioramento continuo: con un ciclo di formazione di tutto il personale sui principi di etica e sostenibilità, intervenendo sulla catena di fornitura, sensibilizzando a comportamenti virtuosi l’intera filiera. E ancora, pubblicando il Bilancio Sociale, che abbiamo prodotto per la prima volta nel 2008.

Su cosa si concentra il Bilancio Sociale?

Si focalizza su quattro aspetti fondamentali, a partire dalla creazione e distribuzione del valore e all’attenzione rivolta alle persone, non solo in termini di creazione di occupazione ma anche mediante un processo di crescita professionale. Sulla diffusione della cultura d’impresa nelle sue dimensioni economiche, tecnologiche e culturali in senso lato, e infine sul rispetto e la cura per l’ambiente.

Come  è cambiato, secondo lei, l’atteggiamento dei consumatori su questi temi?

Anni fa ero meno ottimista. Oggi invece vedo nascere una cultura nuova, che come tutte le culture ha certamente bisogno di tempo per affermarsi, ma che è in netta crescita. I consumatori hanno cominciato a premiare le aziende che cercano di distinguersi. Nel caso di De Cecco, che festeggia quest’anno  125 anni di attività, a livello di prodotto siamo già nelle posizioni top del mercato: da noi ci si aspetta quindi anche qualcosa di più. Per esempio, in termini di responsabilità sociale.

A suo parere le aziende del settore alimentare dovrebbero essere più responsabili di altre?

Un’azienda che produce cibo dovrebbe forse avere qualche attenzione in più. Ma gli ambiti della responsabilità d’impresa sono tanti e tutte le imprese devono sentirsi chiamate in causa. Lo standard ISO26000, che è recentissimo, è la dimostrazione che i settori in cui operare molteplici: diritti umani, rapporti e condizioni di lavoro, ambiente, coinvolgimento e sviluppo della comunità. Tutte le organizzazioni, anche pubbliche, dovrebbero accettare questa sfida.

In quale settore prevedete di orientare il vostro impegno, nel futuro?

La volontà è quella di continuare a migliorare e crescere nell’affermazione della cultura della responsabilità. La visione deve essere olistica, di sistema, cercando un dialogo sempre più istituzionalizzato con tutti i soggetti con cui interagiamo. L’anno scorso, ad esempio, abbiamo firmato un protocollo con Adiconsum, un’associazione di consumatori: è l’inizio di un percorso per sviluppare progetti insieme ai nostri clienti.

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