Wise Society : «La felicità è saper accogliere tutto ciò che accade»
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«La felicità è saper accogliere tutto ciò che accade»

di Maria Enza Giannetto /Nabu
25 Aprile 2018

Giulia Calligaro, giornalista, scrittrice e yogini, racconta il suo percorso verso la gioia attraverso l'uso della parola

«Io credo che la felicità, per come viene proposta, sia la più grande fregatura della vita perché si trasforma in una delusione continua». Secondo Giulia Calligaro, filologa, giornalista, giramondo, autrice e yogini, la felicità rischia spesso di essere banalizzata e di risultare irraggiungibile perché viene subordinata al confronto continuo con un modello imposto dall’esterno. Una considerazione tra le tante che la giornalista-yogini friulana (è nata a Pordenone ma vive a Milano da ormai 15 anni) ha sviluppato lungo il percorso esistenziale che, da un approccio verso la letteratura e la vita già di per sé spirituale, l’ha vista approdare all’Ananda yoga (“yoga della felicità”) di cui oggi è istruttrice certificata.
Calligaro, che attualmente collabora con gli inserti del Corriere della Sera, scrivendo di libri, facendo reportage dai mondi in via di sviluppo e, soprattutto, scovando felicità alternative (come nel libro La prossima felicità, edito da Altraeconomia dove racconta 12 storie di persone che conducono vite partigiane e resistenti) ha trovato la strada che coniuga tutte le sue vocazioni, che si sono incontrate anche nel libro “Esercizi di felicità. Pratiche quotidiane per il corpo e il cuore (scritto insieme con Jayadev Jaerschky per Ananda Edizioni) e nel suo blog.

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“Che cos’è per me la felicità? A volte, ad esempio, decido di sorridere a tutti”, afferma Giulia Calligaro (foto: Giulia Calligaro)

Giulia, com’è riuscita a far incontrare le sue tante passioni?
Credo che siano state loro a trovare una strada comune. La mia formazione è filologica e giornalistica ma già in passato il mio interesse per la letteratura era di tipo spirituale e “yogico”, solo che spesso incontravo persone che barricavano tutto nel recinto dell’io.  A un certo punto, dopo anni di lavoro, incontri e interviste mi sono un po’ stufata e ho cominciato a girare il mondo al fianco di varie Ong umanitarie. Si è trattato di un passo intermedio, in cui la scrittura è stata uno sbocciare del cuore. Intanto mi sono anche avvicinata allo yoga, girando letteralmente il mondo con un tappetino sotto braccio. Tutto questo ha fatto un po’ da ponte per la mia scrittura che dalla mente ha cominciato a passare dal cuore, anche se scrivevo solo come cura per l’anima e prendevo appunti personali di quelle mie espansioni del cuore che mai avrei pensato di pubblicare.

Cosa le ha fatto cambiare idea?
Ammetto che in tanti si stupivano del fatto che io non avessi mai pensato di scrivere un libro. Poi una serie di cose si sono concatenate: innanzitutto con l’approdo ad Ananda yoga ho scoperto un approccio più devozionale alla pratica e alla vita. Jayadev Jaerschky, direttore dell’Accademia Europea di Ananda Yoga, ha visto in me cose che io non ero ancora riuscita a scorgere e mi ha chiesto di diventare insegnante. Un ruolo importante nella decisione di scrivere un libro l’hanno avuto, separatamente, sia Valeria Nandini Cerri, direttrice editoriale di Ananda Edizioni che un giorno mi disse “se mai vorrai pubblicare mi piacerebbe che lo facessi con noi” e poi lo scrittore Mauro Corona, mio vecchio amico, che durante un’intervista si scollegò dal discorso che stava facendo per dirmi “tu lo devi pubblicare quel libro e se non lo fai sei una grande egoista perché non devi farlo per te ma per chi potrebbe trovare aiuto nelle tue parole”. Insomma, tutto mi portava verso questa decisione. Così, quando anche Jayadev Jaerschky mi disse che per quell’anno (scrive un libro all’anno per l’Accademia) non aveva ancora pensato al tema del prossimo testo, il cerchio si è chiuso.

Il titolo fa pensare a un ricettario di felicità.
Di fatto, deriva dal nome che ho sempre dato alle mie espansioni del cuore. Soprattutto durante i miei viaggi chiamavo “esercizi di felicità” le mie pratiche spirituali fatte con le parole, perché si trattava di una scrittura che via via dall’intimo era passata a una ricerca spirituale molto sincera. Il libro è più una condivisione di esperienze intime e spirituali che abbiamo strutturato in forma di eserciziario dalla A alla Z,  a partire dagli stati del cuore.

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Copertina di “Esercizi di felicità”, il libro di Giulia Calligaro

Quali sono normalmente i suoi esercizi di felicità, dunque?
Sono davvero i più disparati: a volte, ad esempio, decido di sorridere a tutti. Oppure, soprattutto nei periodi più difficili, quelli in cui me ne starei volentieri a compiangermi, metto da parte me stessa e mi uso come canale e come strumento per dire agli altri le parole che avrei voluto dire alla “me” bambina e fragile. Questo mi dà molto, perché quando dai, ricevi.

Giulia, allora cos’è per lei la felicità?
La mia risposta non può non passare dal mio stile di yoga che è molto devozionale. Se io so per certo che il mio fine è sempre più simile a quello che è veramente la mia anima, il percorso verso il suo raggiungimento non può che essere tutto felice.  Non vuol dire che ho solo giornate facili, ci sono quelle più complicate come quando chi scala una vetta, una volta affronta salite ripidi e poi si riposta in un pianale, ma siccome portano in cima, tutti i passi sono significativi e pieni. Allora, se di ogni cosa cerchi di decifrare il messaggio, cominci a renderti conto che la cosa più importante è smettere di far uscire l’energia fuori da sé. Se tu la porti al centro e ne diventi un osservatore esterno, ti accorgi che tutte le scene della tua vita sono indispensabili al tuo film, anche quelle tragiche. Anzi, a maggior ragione, il dolore è quello che scava lo spazio affinché avvenga poi una grazia e lo spazio possa essere riempito di gioia.

Da quello che dice, sembra che la felicità stia quindi nell’accettazione di tutto ciò che succede.
L’esercizio più importante è l’accoglienza. Se il tuo cammino è sincero, tutto quello che trovi lungo il tragitto, senza essertelo cercato, è un pensiero che il cielo ha nei tuoi confronti, proprio affinché tu possa raggiungere il tuo potenziale e compiere la missione per cui sei venuto qui. E allora non puoi che essere sempre grato. Quando io ho delle giornate un po’ più pesanti, dopo il primo stadio di abbattimento che è umanamente comprensibile, mi dico che il cielo si sta occupando di me perché vuole farmi crescere. Il dolore deriva dal respingere lo stato di cose: se tu lo accogli, te ne stai raccolto in te stesso a capirlo e accettarlo, quel dolore poi si espande, ti illumina e dice cosa è venuto a insegnarti.

Quelli di cui parla sembrano concetti che può comprendere solo chi pratica yoga.
Niente affatto. Credo che tutti debbano capire che bisogna essere clementi con se stessi. La felicitò ci appartiene dalla nascita e l’anima ha una naturale vocazione alla felicità. Purtroppo, diventando adulti arrivano le delusioni perché non si riesce a stare al passo con i modelli proposti e allora la nostra gioia di bambini scompare. Bisogna invece capire che gli eventi si creano in base a quanto tu illumini e irradi luce. Se elabori il dolore, puoi farlo fiorire e trasformarlo in bene.

Filologa, giornalista, giramondo, yogini. Chi è oggi Giulia?
Sono una ricercatrice spirituale. Credo che ognuno di noi, una volta individuato il proprio dono e talento (e non ce ne sono di migliori o peggiori), debba restituirlo in opere al mondo. L’importante è fare tutto con amore. Io sono convinta che il mio dono sia la parola che uso attraverso la scrittura e lo yoga e che riconsegno agli altri.

 

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