Wise Society : Sostenibilità e accessibilità in architettura sono una questione di civiltà
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Sostenibilità e accessibilità in architettura sono una questione di civiltà

di Olivia Rabbi
21 Febbraio 2012

Edifici low cost accessibili a tutti, risparmio energetico e delle risorse, città a misura di donne, anziani e bambini. È questa, oggi, la sfida dei progettisti secondo l'architetto Mitzi Bollani e la sua filosofia del "Design for All"

Mitzi BollaniCostruire per i cittadini più fragili (anziani, bambini, portatori di disabilità) vuol dire farlo per tutti. E i vantaggi non sono solo nella qualità del progetto, ma anche nel risparmio dei costi. Questo il senso della filosofia del “Design for All” secondo Mitzi Bollani, architetto, che ha impostato la propria attività professionale su un concetto semplice: il progetto che parte dalle esigenze di persone con limitate capacità fisiche, sensoriali e mentali diventa un processo condiviso per un’utenza allargata, senza perdere valore estetico o scontare costi aggiuntivi. La storia di Mitzi Bollani, piacentina, donna solare e determinata, è quella di una presa di coscienza costante e continua della necessità di guardare in faccia la parte più fragile della società. Perché la lotta al gradino inutile di un marciapiede oppure all’ascensore inaccessibile, che rendono la vita più difficile non solo ai portatori di disabilità (il 16 per cento della popolazione europea), ma anche alle mamme con passeggino, è una questione di civiltà. Sostenibilità e accessibilità in architettura sono, quindi, i concetti da rimettere al centro dell’attenzione. Dei progettisti e della società.

Progettare secondo i bisogni delle persone

 

Lei lavora sul concetto di architettura accessibile fin dagli anni Settanta, benchè in Italia la prima vera legge per l’abbattimento delle barriere architettoniche sia del 1989: come mai?

Ho iniziato a occuparmi di questo negli anni di studio universitario e con il tempo ho conferito un taglio personale al dibattito in corso, soprattutto per rendere “normale” il processo progettuale per tutti. Mi sono scontrata con incomprensioni e menefreghismo, è stato difficile dimostrare come una progettazione a misura di persone diversamente abili e utenza debole in generale non volesse dire rendere un oggetto o uno spazio inaccessibile agli altri. Partendo dalla ricerca sulle nostre abitazioni e dall’analisi dei costi di realizzazione ho dimostrato che l’obiettivo era raggiungibile senza costi eccessivi ma cambiando semplicemente il modo di progettare. Poi con gli anni è arrivata la possibilità di lavorare in campo europeo, una realtà allargata fatta di tante diversità: una delle problematiche affrontate ha riguardato il viaggio e il soggiorno di persone diversamente abili, che hanno la possibilità di spostarsi e confrontarsi con le diverse culture locali nel rispetto delle proprie esigenze. Nel tempo ho iniziato anche a lavorare come designer e a produrre direttamente come imprenditrice con l’azienda Leura, ma l’approccio iniziale, multidisciplinare e centrato sul servizio da offrire alle persone, è rimasto lo stesso. Oggi mi sento una sorta di mediatrice, capace di ascoltare i bisogni ed elaborare progetti per ciascuno degli interlocutori finali.

Dal macro al micro, la filosofia del “Design for All” si riflette nella produzione di oggetti dei quali le prime destinatarie sono le donne. Ce lo racconta meglio?

Leura MimmaMàLa poltrona per l’allattamento “MimmaMà” riprende l’abbraccio di una mamma con la vita stretta e i fianchi generosi e accoglienti e permette di allattare in modo confortevole anche due gemelli contemporaneamente, ma in realtà è una seduta adatta a tutti. Nel tempo il progetto è cresciuto e la poltrona è diventata il punto di partenza per la creazione del “MimmaMà Point”, uno spazio protetto per il relax e l’allattamento naturale del bambino nei luoghi pubblici, dal parco, alla biblioteca, al centro commerciale. Questo ha permesso di sviluppare iniziative diverse sul territorio per promuovere l’allattamento nel rispetto dei ritmi della vita quotidiana della donna di oggi: sono già diversi gli ospedali che hanno inserito la poltrona “MimmaMà” nelle proprie nursery e i centri commerciali che hanno creato spazi MimmaMà Point all’interno dei propri spazi. E se il cliente recepisce il messaggio è facile che da un oggetto ne nasca un altro: dopo la “MimmaMà” ho sviluppato il “NiDondolo”, il gioco da interno ed esterno nato inizialmente per i bimbi con disabilità e diventato un oggetto che può far giocare nello stesso tempo fino a 25 bambini in uno spazio di 4×4 metri.

Edifici funzionali e duraturi

 

Su quali aspetti e con quali azioni si può migliorare l’accessibilità di uno spazio (edificio o città) “a costo zero”?

Mimmamà point,Il Gigante di Castano Primo (MI)Innanzitutto si deve andare oltre il mero rispetto delle prescrizioni di legge ma dotare da subito gli edifici di spazi accessibili di qualità, senza bisogno di extra-misura o extra-costi. I prodotti, come anche un edificio, più sono funzionalmente godibili e più durano nel tempo perché non necessitano di adeguamenti e interventi a posteriori per fare fronte a nuovi bisogni, con un forte risparmio della spesa pubblica e anche privata. Progettare secondo il “Design for All”, inoltre, permette di sviluppare l’economia: pensiamo alla crescita del turismo supportando i viaggi, i soggiorni e le visite ai luoghi di interesse anche di cittadini più deboli, come gli anziani.

Un esempio concreto?

L’intervento di consulenza che ho svolto nel 2003 per il Palazzo Belliard a Bruxelles, sede del Comitato economico sociale europeo e del Comitato delle Regioni. All’epoca a cantiere aperto il progetto è intervenuto su 50 mila metri quadrati di superficie dell’edificio rendendolo interamente accessibile, senza alterare la composizione architettonica, i tempi di consegna dei lavori e i costi di realizzazione.

Come i giovani affrontano questo tema

 

Pensare globalmente in Europa, per agire localmente quindi?

Il rapporto “2010-Europa accessibile a tutti”, che ho curato con un team di esperti e presentato in occasione dell’Anno europeo dedicato al cittadino con disabilità e poi riversato nella Comunicazione della Commissione europea Com 650/2003, ha portato una pietra miliare nella discussione. In futuro con un’apposita legge l’accessibilità diventerà un requisito cogente e non negoziabile nelle politiche comunitarie contro la discriminazione, attraverso una serie di standard da rispettare e verificare nell’assegnazione degli appalti pubblici. A settembre abbiamo chiuso la prima fase di lavoro sui requisiti europei di accessibilità nelle procedure di appalto pubblico, ora è in corso la seconda ed entro il 2012 se tutto va come previsto contiamo di chiudere il lavoro.

Secondo lei è cresciuta in questi ultimi anni la sensibilità verso l’accessibilità?

Dal punto di vista dell’offerta di mercato e del cliente sì, resta invece ancora carente la formazione del progettista: gli architetti e i designer possiedono tuttora pochi strumenti per lavorare sulle problematiche legate all’accessibilità. Di questo dovrebbero farsi carico le università, oggi le conoscenze apprese su questo argomento durante gli studi sono ancora frammentarie. Una strada possibile per sensibilizzare soprattutto i giovani sono i premi e i concorsi. Come associazione Daiee (Design for All Information Exchange Europe, ndR), con il bando “Una città per tutti” abbiamo premiato a dicembre le tre migliori tesi di laurea in ingegneria e architettura, che hanno rivelato come i giovani  interpretino il tema dell’accessibilità con grande creatività e non come un obbligo di legge da assolvere.

Design, imprenditorialità, femminilità: difficile conciliare questi tre aspetti, o il fatto di essere donna è stato invece un vantaggio?

All’inizio mi muovevo professionalmente in un ambiente maschile e non sempre gli uomini capivano la necessità di una donna di lavorare, vivere e seguire i propri figli. Il vantaggio della libera professione mi ha consentito di farlo non senza fatica e alla fine questo mi ha aiutato, perché mi ha dato la sensibilità di capire e quindi gestire al meglio le persone con cui lavoro. E poi, avere cresciuto due figlie ed essere nonna di un nipotino nato da poco è sempre fonte di nuovi stimoli progettuali.

Nidondolo LEURA

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