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Davide Dal Maso: «La finanza sostenibile è pronta a spiccare il volo»

di Vincenzo Petraglia
13 Novembre 2013

Il segretario del Forum per la Finanza Sostenibile ci aiuta a entrare nel mondo degli investimenti responsabili: cosa sono, quanto rendono, chi li garantisce

Davide Dal MasoLa Settimana SRI è stata l’occasione per incontrare Davide Dal Maso, segretario del Forum per la Finanza Sostenibile (www.finanzasostenibile.it), che ci aiuta a capire meglio il mondo della finanza collegata agli investimenti socialmente responsabili (Sri, acronimo di Sustainable and responsible investment).

Siamo finalmente pronti per una finanza sostenibile? Potremo parlare un giorno veramente di finanza sostenibile?

Diciamo che oggi molte più persone, anche tra gli addetti ai lavori, sono consapevoli del fatto che le vecchie ricette non funzionano più. La crisi ha messo in discussione modelli e convinzioni che sembravano granitici e le forme di finanza che venivano etichettate con un po’ di sufficienza come “alternative” vengono ora guardate con l’interesse che meritano. Insomma, credo che quegli elementi di cambiamento che nei decenni più recenti sono cresciuti in silenzio adesso siano nelle condizioni per esprimere tutto il proprio potenziale.

Ad oggi che posto occupano i fondi sostenibili e responsabili rispetto a quelli tradizionali?

Si tratta ancora di una nicchia. In alcuni Paesi le percentuali sono più alte che in altri, ma complessivamente parliamo di quote minoritarie. Ma va detto che il grosso degli investimenti sostenibili e responsabili non è gestito in fondi, ma è nelle mani dei grandi investitori istituzionali, quindi fondi pensione, fondazioni, assicurazioni, casse previdenziali, e così via. In questo segmento, le cifre sono molto più importanti.

In Europa le cose vanno meglio rispetto all’Italia?

L’Italia ha una struttura di mercato diversa rispetto ai paesi del Nord Europa. In particolare, ha investitori previdenziali più giovani e con dimensioni mediamente più piccole. È naturale che in mercati più maturi queste pratiche siano più diffuse.

Image by © ImageZoo/CorbisCi spieghi esattamente cosa sono questi fondi

L’idea è che, quando si selezionano i titoli in cui investire, oltre a considerare gli aspetti strettamente economici, si guardino anche quelli ambientali, sociali e di governance. Se devo investire in un’impresa del settore dell’abbigliamento, per esempio, mi preoccuperò anche delle politiche e delle pratiche che applica nella scelta delle materie prime, nei processi produttivi, lungo la catena di fornitura, per essere sicuro che non venga danneggiato l’ambiente e vengano rispettati i lavoratori. Questo non solo per soddisfare un principio di giustizia, ma anche perché all’azienda, e quindi, indirettamente, all’investitore, un comportamento ambientalmente e socialmente proattivo alla fine conviene: evita rischi – di mercato, legali, reputazionali – e, se valorizza i propri comportamenti virtuosi, può ottenere un premio di prezzo presso i consumatori più attenti a questi temi.

Chi può accedere a questi fondi? Ci possono accedere anche i privati?

Certo. Ormai l’offerta è ampia e soddisfa tutte le esigenze finanziarie in termini di rischio/rendimento e orizzonte temporale.

C’è un investimento minimo per potervi accedere?

Dipende dal prodotto, ma, in generale, quelli destinati al mercato retail hanno soglie molto basse.

Dove sono nati questi fondi?

La finanza etica ha storicamente una matrice religiosa. Nelle forme moderne, i primi strumenti di finanza responsabile sono nati negli Stati Uniti negli anni ’70. Poi, questa pratica si è estesa ad altri paesi ed è evoluta nelle forme. Oggi è l’Europa la regione più all’avanguardia.

Quali sono i prodotti Sri più comuni?

Se parliamo del mercato retail, sono i fondi comuni.

E i settori in cui si trova una maggior concentrazione di fondi Sri?

Parlando di asset class, i fondi Sri sono per lo più azionari, e gli ambiti di mercato in cui si investe sono un po’ tutti, in quanto la pratica delle esclusioni settoriali, fatta eccezione per settori quali, per esempio, le armi, il tabacco, il gioco d’azzardo, è minoritaria. In generale, si cercano, infatti, le imprese più sostenibili e responsabili in tutti i settori economici.

Image by © John Holcroft/Ikon Images/Corbis

Quali i settori più promettenti e con maggiori potenzialità?

Se si parla di mercati, quello a maggior potenziale di crescita è indubbiamente quello previdenziale. I fondi pensione sono gli investitori sostenibili e responsabili per eccellenza.

Quali sono le maggiori resistenze da parte dei risparmiatori/potenziali investitori rispetto a questo tipo di prodotti?

Le nostre ricerche dimostrano chiaramente che c’è disponibilità, ma manca la conoscenza. Nel dubbio, si preferisce continuare a fare quello che si è sempre fatto, anche quando gli esiti non sono stati sempre felici.

È verosimile che alcune aziende possano utilizzare il loro impegno in sostenibilità come uno strumento di maquillage e green washing? C’è ancora questo rischio? E se sì, come correre ai ripari?

È un rischio inevitabile, anche se ormai i clienti, gli investitori, gli altri stakeholder sono sempre più informati e preparati. La rete permette un accesso alle informazioni facile e rapido. È molto più difficile di un tempo, per un’impresa, dichiarare una cosa e farne un’altra, perché il rischio di essere scoperti è alto e, se accade, le conseguenze possono essere molto serie.

Image by © Eric Audras/PhotoAlto/CorbisChi controlla questi fondi? Chi ne garantisce la bontà? Quali sono insomma le garanzie per il risparmiatore?

I fondi Sri hanno un livello di trasparenza che è ancora maggiore di quello dei fondi tradizionali, di per sé già alto. Devono dichiarare i principi cui si ispirano, le regole che si danno e i processi che adottano e rendicontare i risultati che ottengono. Non esiste una vera certificazione, ma, francamente, non se ne sente l’esigenza perché alla lunga è il mercato che giudica: premia quelli bravi, onesti e coerenti e viceversa.

Esiste un sistema di rating? Quali sono i parametri di massima utilizzati?

Esistono diversi sistemi di rating sulle società oggetto di investimento, non sui fondi. Registriamo un processo di lenta convergenza degli standard di valutazione, ma ogni agenzia di rating ESG (Environment, Social and Governance, ovvero appunto le politiche ambientali, sociali e di governance societarie, ndr) ha la propria metodologia. Quindi può accadere che la stessa società abbia rating ESG diversi a seconda dei criteri utilizzati da chi la valuta.

Quanto stanno rendendo i prodotti Sri? I loro rendimenti sono equiparabili a quelli tradizionali?

È difficile rispondere, perché Sri non è un asset class, è uno stile di investimento. E può essere applicato in modi diversi. I risultati variano molto a seconda delle definizioni che si utilizzano e dei periodo temporali che si considerano. Alla fine, tutto dipende dalla qualità della gestione. Così come non è vero che l’investimento Sri è meno remunerativo di un investimento tradizionale, non si può dire che sia sempre vero il contrario.

Perché bisognerebbe preferire i prodotti Sri a quelli tradizionali? Quali i maggiori vantaggi e opportunità?

I prodotti Sri sono meno volatili e meno rischiosi. In generale, infatti, l’Sri è un approccio non speculativo, che guarda alla creazione di valore nel medio-lungo periodo. È, quindi, particolarmente adatto a un investitore prudente e paziente, non certo al classico investitore che “gioca in borsa”!

Vincenzo Petraglia

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