Wise Society : Carlo Cignozzi: alle mie vigne faccio ascoltare la musica di Mozart
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Carlo Cignozzi: alle mie vigne faccio ascoltare la musica di Mozart

di Vincenzo Petraglia
30 Maggio 2011

Ex avvocato a Milano, da sempre innamorato della campagna, a sessant’anni decide di lasciare la professione forense per dedicarsi al suo sogno di ragazzo, la viticoltura. Oggi è a capo di un’azienda agricola in Val d’Orcia, i cui vigneti crescono “ascoltando” le sinfonie di Mozart che risuonano tra i filari. Un esperimento botanico che ha già suscitato molto interesse

Carlo Cignozzi suona l'accordion nella vignaLo hanno definito “L’uomo che sussurra alle vigne” (che poi è diventato anche il titolo del libro che ha pubblicato di recente per Rizzoli) e la sua è la storia di una persona che circa un decennio fa, a sessant’anni, ha avuto il coraggio di cambiare vita abbandonando un’avviata carriera d’avvocato per seguire il suo sogno: dedicarsi alla terra e in particolare alla viticoltura. Oggi Carlo Cignozzi è titolare di un’azienda agricola nella quale si producono annualmente oltre 45mila bottiglie di vino fra Montalcino DOCG e Rosso di Montalcino DOC, con etichette molto particolari che stanno conquistando con la loro personalità mercati sempre più vasti anche all’estero. Il motivo? Nel suo podere “Paradiso di Frassina” (www.alparadisodifrassina.it), cuore della Val d’Orcia, l’uva matura coccolata dalle sinfonie di Mozart, autore preferito di Cignozzi, che risuonano ininterrottamente giorno e notte, tramite una cinquantina di diffusori, fra i filari. Qui l’imprenditore di origine abruzzese ha dato vita, con caparbietà e contro il parere dei più scettici, a un autentico esperimento botanico che ha richiamato l’attenzione di diversi studiosi, fra cui Amar Bose, vero guru del suono, aprendo le frontiere alla biosonorità, avanguardia del biologico: gli effetti della musica sulle viti, sia in termini di crescita che di protezione dall’attacco dei parassiti, sono, infatti, davvero sbalorditivi.

Che cosa, dieci anni fa, le ha fatto scattare la molla di un cambiamento di vita così radicale?

Innanzitutto la curiosità per il mondo del vino e poi la bellezza della Val d’Orcia e di Montalcino in particolare.

Paradiso di Frassina, Val d’Orcia

Perché non tutti hanno il coraggio di voltar pagina e seguire fino in fondo il proprio sogno di vita?

Le scelte esistenziali si fanno da giovani e, infatti, io quando ho iniziato a convivere con il mondo del vino avevo meno di trent’anni. All’inizio, dai primi anni ’70, ho affiancato il mio percorso vinicolo alla mia professione principale, quella di avvocato, dividendo la mia vita fra il Tribunale di Milano da una parte, con gli inevitabili affanni professionali, e i vigneti e le cantine dall’altra. Poi a sessant’anni la decisione di lasciare definitivamente la “capitale” lombarda per dedicarmi anima e corpo a Montalcino. Questa è la mia esperienza, ma in generale, penso che per cambiar vita davvero sia necessario credere fortemente al progetto e al sogno che si vogliono realizzare ed essere sempre creativi e innovativi. Questo è l’unico modo per seguire fino in fondo i propri desideri.

Carlo Cignozzi e GeaCosa le ha insegnato la campagna?

A disintossicarmi dalla città. In campagna i ritmi della natura, i suoi colori e le sue armonie ti trasformano: regalano pace e serenità, ti consentono di dedicarti alla Madre Terra stimolando al tempo stesso creatività e senso artistico.

È vero, secondo lei, che la distanza dalla natura abbrutisce l’uomo rendendolo peggiore?

Penso che lo sia. Mentre invece il ritmo magico della terra e le sue frequenze benefiche limitano o annullano ogni istinto di aggressività, tipico invece degli agglomerati urbani dove competizione, aggressività e violenza sono invece dominanti.

Da dove bisognerebbe cominciare per riallacciare il rapporto con la natura e quindi anche con le nostre radici più profonde?

Bisogna frequentare di più la terra inviolata o accarezzata dalle antiche colture e dal vissuto contadino. Passeggiare, osservando la vita delle piante e dei fiori da vicino, le antiche tradizioni e i riti rurali che ancora sopravvivono. Immergersi dunque in quegli spazi ampi fra terra, cielo e mare che non si possono vedere in città.

Che differenza c’è fra una vigna cresciuta secondo tradizione e una, come la sua, alla quale si fa, invece, ascoltare musica?

Come nella medicina il suono può contribuire a curare o alleviare le sofferenze di una persona aumentando la sua gioia di vivere, così anche nel mondo vegetale il suono può accrescere vitalità e vigore, in special modo sulla vite, pianta tra le più complesse e misteriose. Crescere la vigna con note musicali significa, in concreto, avere una piantagione più sana e protetta da agenti patogeni, insetti e predatori. Grazie al suono io esalto la qualità della vigna, dalla quale dipende al 70 percento la qualità del vino.

Grappolo d'uva

Non a caso ci sono due studi scientifici in corso al riguardo…

Esatto, due studi su questo mio progetto che si chiama “biosonorità”. Il primo seguito dall’Università di Firenze, cura gli aspetti fisiologici e chimici della vite sotto stress sonoro, mentre il secondo, curato dall’Università di Pisa, si focalizza sulla protezione che il suono dà alla vite e all’uva nei confronti dell’attacco degli insetti e dei predatori. Si è osservato che nelle vigne trattate con la musica si registra una crescita più vigorosa e sana della pianta, con un aumento dell’apparato fogliare e dei frutti, nonché una maturazione precoce dei grappoli. In più una protezione dagli attacchi dei parassiti, cosa che consente di ridurre al minimo i consueti trattamenti antiparassitari.

Quali sono le tre cose a cui non potrebbe mai rinunciare nella sua vita?

Godermi gli spazi e le vibrazioni della natura, godermi le armonie musicali in mezzo ai miei vigneti e infine la semplicità e l’onesta della vita contadina che ho avuto modo di conoscere e apprezzare.

Una bevuta tra contadini

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