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Alessandro Mendini: disegno la tragicommedia della vita

di di Chiara Bondioli
20 Luglio 2010

Immaginativo e ironico. Autorevole e giocoso. L'architetto che voleva fare il cartoonist parla della sua professione. Del futuro. Dei maestri che ha avuto. Di come è cambiato. Della sua opera prima a Milano. E del progetto che vorrebbe realizzare. Che non è certo un grattacielo...

Alessandro Mendini, architettoGentile, riservato con uno sguardo sulla vita giocoso e ironico. Alessandro Mendini deve la sua formazione più ai pittori del Novecento che ai grandi architetti. Da piccolo voleva fare il cartoonist, ma la famiglia lo vedeva ingegnere. Così dopo aver iniziato a frequentare il Politecnico, con poca convinzione, approda alla facoltà di architettura. In quegli anni inzia a scrivere per le riviste, una passione mai sopita che di recente lo ha portato ancora alla direzione di Domus. È riconosciuto nel mondo per la sua creatività immaginifica espressa nei progetti architettonici e negli  ogggetti antropomorfi: pezzi, firmati per grandi aziende come De Padova, Alessi, Bisazza e diventati icone del design,  che per lui «rappresentano la tragicommedia della vita». A quasi ottant’anni ha firmato Bovisatech, la prima opera di architettura nella sua Milano, edifici colorati dalle linee pulite con guglie hightech, che rendono omaggio al Duomo e al  neo razionalismo degli anni Sessanta, ideale traît d’union tra la metropoli del nuovo millennio e la sua storia.

 

PROGETTARE OGGI

 

Il Rinascimento è stato un periodo di grande fermento soprattutto grazie alla lungimiranza dei committenti. Com’è la committenza di oggi?

 

La committenza contemporanea è generalmente quella che affida le opere alle archistar e molto spesso è prefigurata come un nuovo genere di speculazione edilizia. Perciò la vera qualità della trasformazione delle città , da Shangai a Milano, dovrebbe legare gli obiettivi economici del committente alle esigenze dei luoghi. Invece spesso l’architettura contemporanea catapulta i grandi edifici in posti dai quali sono completamente slegati, come delle meteore.

Bovisa Tech, Photo by Ricardo Francone/flickrCon Bovisatech ho voluto esprimere un rapporto fisico con l’architettura e la tradizione della città: edifici semplici dal taglio neorazionalista con piccole guglie che dialogano sia con il Duomo sia con il razionalismo delle architetture dei primi decenni del Novecento. Sono edifici milanesi che ho realizzato con il piacere di progettare per la mia città, cosa che non avevo mai fatto prima.

 

Di recente ha detto che sui giornali vede troppe facce di architetti e designer e pochi progetti? Ci spieghi meglio.

 

Nelle riviste vedo spesso persone e meno progetti. Il protagonismo non mi dispiace in quanto tale, ma talvolta non è bilanciato dalla qualità dei lavori. Direi che il protagonismo se lo può permettere solo chi ha progetti di grande qualità.

 

Alessandro Mendini, Anna G, produzione Alessi, 1994-1996Mi dica alcuni aggettivi che secondo lei definiscono un buon architetto e designer.

 

In questo momento dove sembra non esistere, direi innanzitutto l’etica, poi l’attenzione per la qualità estetica e la generosità, verso utenti, progetti e colleghi.

 

Se le dico minimalismo cosa le viene in mente?

 

Il minimalismo nella storia ha una significato interessante perché corrisponde allo zen, al vuoto, alla semplificazione. Oggi quando si trasforma in una questione di styling si impoverisce e diventa una cosa che inaridisce le anime.

 

 

Quale strumento pensa potrebbe essere utile ai ragazzi usciti dall’università per favorire il loro ingresso nel mondo del lavoro?

 

A scuola non si dovrebbe fare niente di pratico, solo pensare, ragionare e ricercare. Terminati gli studi, la realtà della vita può condurre alla pratica nei luoghi deputati a questo: studi professionali e industrie. Sto dicendo un paradosso, ma la formazione consiste nel mettere in grado un progettista di ragionare, criticare e lavorare in maniera molto introspettiva, perché se si lavora per analogie o sudditanza, la soddisfazione che se ne ricava è veramente poca.

 

IL FUTURO

 

Può tracciare per noi le linee di abitare del futuro?

 

In questo momento prevale un senso virtuosistico della tecnologia e affidare il futuro alla tecnologia è molto negativo, mentre il futuro deve lasciare spazio a scenari positivi e perciò nutrirsi di utopie umanistiche e romantiche.

Alessandro e Francesco Mendini, palazzo dell'editore Madsack Gmbk - Hannover, Germania, 2007

Quali figure professionali sono essenziali da affiancare al lavoro dell’architetto e del designer per disegnare un futuro migliore?

 

Nel Cinquecento quando un pittore faceva un quadro si affidava a filosofi, teologi, astronomi e da tutto questo nasceva un’opera piena di significati, magie e motivazioni. Tutto questo dovrebbe succedere anche oggi: un progetto dovrebbe scaturire dalla mente non di un solo autore, ma di una cerchia di figure di ambiti diversi: antropologia, sociologia, tecnologia, arte e magari anche magia.

 

CARPEDIEMMi dia le parole chiave per creare nuovi scenari non solo da punto di vista urbano e architettonico ma anche sociale e individuale.

 

La trasformazione, il mondo deve viaggiare attraverso utopie parallele: un’utopia della sociologia, della religione, di convivenza politica, di progetti romantici. Le parole con le quali si lavora oggi: ecologia, salvaguardia del territorio, innovazione, secondo me sono sottoproblemi di parole molto più importanti. Oggi se si parla di ecologia ho la sensazione si parli solo dello sfruttamento economico di questa parola, così come il termine innovazione è uno sfruttamento della problematica dell’innovazione. Non le vedo come parole importanti, c’è qualcosa sopra di loro molto più importante.

 

Un progetto da realizzare…

 

Si potrebbe dire il famoso grattacielo, ma me non interessa il grattacielo. Io ho fatto tante cose diverse tra loro, traendone fatica e soddisfazione per i risultati ottenuti, non da un punto di vista mondano, ma interiore. Sto cercando di raggiungere obbiettivi più interessanti dal punto di vista della comunicazione tra me e le persone. La sintesi del mio lavorare, del mio faticare, e del poter godere di questa fatica, è il bisogno di comunicare: sono una persona introversa, timida, amo stare da solo. Perciò sono i miei oggetti che parlano e vorrei che parlassero meglio.

 

LA FORMAZIONE

 

Alessandro Mendini per Cleto Munari

Quando ha sentito che avrebbe fatto il designer?

 

Quando ho capito che non potevo fare Walt Disney perché il mio grande desiderio quando ero un ragazzino era di diventare un cartoonist. Così ho iniziato con il piacere di disegnare, della grafia e del movimento. I miei genitori volevano che facessi ingegneria, come mio nonno e mio zio, perciò mi sono iscritto e visto che di fianco c’era l’edificio di architettura , progressivamente ho incominciato a spostarmi e contemporaneamente ad appassionarmi di letteratura, critica letteraria, e a scrivere per alcune riviste. E da questo primo nucleo da “vignettaro” sono subentrato altre passioni che mi hanno portato a fare quello che faccio oggi. Qualcosa che esattamente non so cosa sia, perché se mi si domanda cosa faccio non so bene cosa rispondere.

 

A chi deve la sua formazione?

 

Nonostante sia architetto non ho avuto maestri architetti. La mia formazione deriva dalla pittura, anche quella italiana: futurismo, De Chirico, Savinio, Carrà, i personaggi della metafisica. A livello internazionale Kandinskij e poi il cubismo cecoslovacco. Il primo Novecento nella pittura mi ha battezzato.

Alessandro Mendini, Canaletto

 

LE RELAZIONI CON GLI ALTRI

 

Quali sono le parole che per lei rappresentano un’àncora di salvezza?

 

Da giovane ero estremamente pessimista e disegnavo oggetti duri, cinici ed esasperati. Progressivamente sono diventato ottimista sia perché lo sono diventato realmente sia perché penso che i miei oggetti debbano esprimere sensazioni positive Oggi voglio fare cose positive.

 

Francesco e Alessandro Mendini, Foto  Andrés Otero per Interni: Decode Elements Aprile 2007Quali sono gli elementi di equilibrio nei suoi nei suoi rapporti affettivi?

 

Le persone con le quali collaboro sono molto protettive, un’attenzione di cui ho molto bisogno. Poi i miei affetti personali e familiari.

 

Con suo fratello Francesco lavora da anni. Come sono i rapporti?

 

Con mio fratello nella professione si è creato un miracolo di reciproca disponibilità che ci ha reso dei collaboratori perfetti, non c’è di meglio.

 

Lanci una proposta per vivere meglio

 

Ogni persona dovrebbe ricevere meno informazioni e pensare più a se stesso per conoscersi meglio, penso che sia solo attraverso un’introspezione che ognuno di noi possa imparare a riconoscere la verità della propria strada .

 

 

IO

 

La sua casa essenziale, non ama circondarsi di oggetti, anche suoi?

 

La mia casa è un sistema di case nelle quali ho vissuto, sempre presenti anche se non le ho più, mi capita di rado di avere dei miei oggetti perché sono sempre in giro per il mondo per showroom e gallerie. In generale la mia vita è molto semplice, alla sera dopo cena mi piace stare a casa a leggere. Desidero avere vuoti di pensiero visto che lavoro con molta velocità; ho bisogno di rallentare e per far questo parte degli spazi della mia casa devono essere vuoti.

 

Cosa la rilassa di più

 

Tante cose: guardare il mare, leggere e poi, come mi ha consigliato un insegnante di yoga, ogni tanto durante la giornata mi siedo in modo simmetrico e chiudo gli occhi per qualche minuto.

 

Quali sono i valori fondamentali per lei nella vita e nel lavoro?

 

Le parole chiave nella vita sono il senso della morte, amore, paura della malattia, dolore e gioia. Sono concetti che un artista sa esprimere perché sono le fondamenta del suo lavoro. Per un architetto o un designer, che invece hanno un lavoro più pratico e funzionale, trasferire la sostanza della vita nei propri lavori è più difficile. Per quanto mi riguarda quando creo un oggetto cerco di dargli un’anima, con una sembianza antropomorfa lo trasformo in un personaggio che può essere bello o brutto, triste o simpatico. Introduco così i miei oggetti in una tragicommedia che poi è la tragicommedia della vita.

Alessandro Mendini, disegnando

 

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