Wise Society : Riace: un paese modello che ha ispirato anche Wim Wenders

Riace: un paese modello che ha ispirato anche Wim Wenders

di Vincenzo Petraglia
20 Dicembre 2011

Legalità e accoglienza. Con queste due parole d'ordine il sindaco della località calabrese ha ridato vita al centro storico, sfidando la criminalità. Con un aiuto decisivo: quello degli immigrati

Il sindaco Domenico Lucano sullo sfondo il palazzo Pinnarò, sede della cooperativa (Foto: Dionisio Iemma).

Il sindaco Domenico Lucano sullo sfondo il palazzo Pinnarò, sede della cooperativa (Foto: Dionisio Iemma).

“Il vasaio di Kabul”. È la scritta sulla targa in ceramica di uno dei tanti negozietti che animano il piccolo borgo di Riace, sì proprio quello dove furono ritrovati i famosi Bronzi. Siamo nel cuore dell’Alta Locride, una delle aree più povere e con il più alto tasso di disoccupazione della Calabria. Riace stava morendo, soffocato dall´annoso problema della mancanza di lavoro, poi improvvisamente il miracolo. Un gruppo di giovani, guidato dalla passione e dal coraggio del sindaco, Domenico Lucano, ha deciso di combattere contro i mulini a vento della burocrazia e dei luoghi comuni legati alla criminalità organizzata, rimboccandosi le maniche, senza aspettare aiuti  dall´esterno e trasformando il borgo nel “Paese dell’accoglienza”, come recita il cartello che dà il benvenuto a Riace.

Un luogo di incontro e condivisione

 

Con un prestito della Banca Etica si è fatto rinascere il centro storico recuperando i mestieri del passato, aprendo botteghe artigiane in case disabitate o in rovina, accogliendo i rifugiati che di frequente sbarcano sulle coste ioniche con mezzi di fortuna.

Uno dei laboratori artigianali aperti nel borgo di Riace - Calabria (Foto: Dionisio Iemma).

Uno dei laboratori artigianali aperti nel borgo di Riace – Calabria (Foto: Dionisio Iemma).

Curdi, eritrei, maghrebini a cui la gente del posto insegna la lingua e un lavoro in uno scambio culturale e umano continuo. «Il nostro era un posto da cui la gente andava via mentre oggi è diventato un luogo di incontro e condivisione capace di trasformare un’emergenza, quella appunto degli sbarchi di profughi, in un’opportunità, essenzialmente grazie a due parole d’ordine: accoglienza e legalità», racconta Lucano, per alcuni “Mimmo dei curdi” e per altri “Lucano l’afghano”, dal 2004 sindaco del piccolo borgo in provincia di Reggio Calabria. Dall’immediato dopoguerra e fino a qualche anno fa la popolazione del paese si era praticamente dimezzata passando da tremila a milleseicento abitanti. Oggi è di circa duemila persone, di cui quasi trecento stranieri, un saldo demografico che non ha pari nella zona, martoriata invece da spopolamento ed emigrazione verso l’estero o le altre regioni d’Italia.

Artigianato e ospitalità diffusa

 

Ed è proprio agli emigrati calabresi che il sindaco ha chiesto il permesso di ristrutturare le loro abitazioni del centro storico lasciate abbandonate. Sono diventate alloggi (gratuiti) per i rifugiati ai quali, per poter avere appunto vitto e alloggio, viene chiesto in cambio di lavorare e imparare l’italiano.

Donne del luogo e immigrate gomito a gomito nella riscoperta di antiche tradizioni artigianali (Foto: Dionisio Iemma).

Donne del luogo e immigrate gomito a gomito nella riscoperta di antiche tradizioni artigianali (Foto: Dionisio Iemma).

Così le donne si dedicano all’artigianato (tessitura, vetro, ceramica, lavorazione delle olive e delle conserve), in un continuo scambio di saperi e tradizioni con le donne locali, e gli uomini ristrutturano le case, alcune delle quali vengono affittate ai turisti. Riace è, infatti, diventato anche un borgo che offre ospitalità diffusa ai 7-8 mila turisti che vi giungono ogni anno da tutte le parti del mondo. Viaggiatori interessati per lo più a un turismo etico ed evidentemente attratti da questo paese-laboratorio di accoglienza, tolleranza e integrazione. Vi si organizzano annualmente anche campi di lavoro internazionale che coinvolgono moltissimi giovani nella raccolta della ginestra, delle olive e nell’organizzazione degli eventi estivi, in una sorta di sinergia che coinvolge anche i giovani del paese con l’idea di divulgare valori, ideali, speranze per un futuro diverso da quello di molti altri coetanei calabresi costretti a emigrare o a cadere, spesso per mancanza di opportunità, nei tentacoli della criminalità. Il settimanale tedesco Der Spiegel ha definito Riace “un villaggio globale nell’angolo più povero di una delle regioni più povere dell’Italia, una terra di sogni in frantumi” e il noto regista Wim Wenders gli ha dedicato un cortometraggio intitolato Il Volo. Non è un caso perché veramente Riace è un esempio unico, certo in piccolo ma che potrebbe essere anche replicato su scala più ampia, di comunità multirazziale e multiculturale con politiche d’integrazione e d’accoglienza d’avanguardia. «Da noi le persone hanno capito, perché lo sperimentano concretamente ogni giorno nella loro vita quotidiana, che la realtà non è proprio quella che ci vogliono far credere», spiega Lucano, che l’anno scorso si è piazzato al terzo posto nella speciale classifica “Miglior primo cittadino del mondo”, redatta annualmente dal Network World Mayor (worldmayor.com) per premiare i sindaci più capaci e meritevoli del Pianeta. «Tutti i cittadini hanno, infatti, riconosciuto il diritto alla libertà e alla pace di queste donne e di questi uomini che sono fuggiti da situazioni spesso al limite del sopportabile e ciò ha evitato i tipici conflitti che si verificano, invece, sempre più spesso in Italia ed Europa, dove gli immigrati vengono percepiti come un problema e non come una risorsa e un’occasione di arricchimento reciproco», aggiunge.

Un modello di integrazione e pacifica convivenza

 

Riace ha aderito al Piano nazionale di accoglienza e si fa carico di richiedenti asilo che arrivano dai centri di Lampedusa o Crotone e Lucano è al suo secondo mandato di sindaco, ottenuto grazie a una campagna elettorale basata su un’idea molto semplice: i più poveri fra i poveri avrebbero salvato Riace che, a sua volta, avrebbe dato la possibilità a questi rifugiati di rifarsi una vita lontano da povertà, guerre e persecuzioni. «Grazie agli immigrati abbiamo riaperto la scuola elementare, dove sono più i bambini stranieri che quelli italiani, diverse botteghe artigiane e imprese edili miste, e la cosa più bella è vedere i vicoli del nostro paese di nuovo vivi e animati dalle urla gioiose dei bambini» sottolinea ancora il sindaco. Un approccio, di pacifica convivenza basata su un’economia sostenibile, sicuramente innovativo ma anche destabilizzante per alcuni. Un’esperienza che non poteva non dare, quindi, fastidio e scomodare chi si arricchisce e fa affari d’oro proprio grazie alla situazione di mancanza di prospettive della Calabria: la ‘ndrangheta. Ma le intimidazioni non spaventano il primo cittadino che conclude: «non ho paura perché il mio messaggio è antitetico a quello della ‘ndrangheta: è piuttosto espressione di quella parte della Calabria che vuole restituire dignità alla propria terra e alle persone che la abitano proprio in virtù dell’accoglienza dello straniero, valore antico che qui da noi si tramanda da generazioni».

Riace, foto di don Tommaso/flickr

Riace, foto di don Tommaso/flickr

 

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