Wise Society : vEyes, gli occhi virtuali di papà Max per la figlia ipovedente

vEyes, gli occhi virtuali di papà Max per la figlia ipovedente

di Mariella Caruso
11 Settembre 2015

Un docente di informatica catanese ha messo a punto una piattaforma indossabile per aiutare i disabili visivi a interagire con la realtà. La start up è in concorso per uno dei tre premi "Think for social" di Vodafone

Retinite pigmentosa. È stata questa la diagnosi con la quale tre anni fa Massimilano Salfi, docente di materie informatiche al dipartimento di Matematica dell’Università di Catania, ha dovuto fare i conti. A essere affetta dalla distrofia retinica degenerativa su base genetica è la figlia maggiore, oggi undicenne, di colui che da novembre 2014 è il presidente e responsabile delle attività scientifiche della onlus vEyes, che sta per “Virtual eyes”. Dal momento della diagnosi, infatti, Salfi ha cominciato a sviluppare un progetto per aiutare la figlia (e probabilmente anche la sorella più piccola), destinata come tutti coloro che sono affetti dalla patologia alla cecità, negli anni a venire: lo sviluppo di una piattaforma hardware indossabile che consenta non vedenti e ipovedenti di interagire con la realtà circostante. Progetto che, lo scorso luglio, è stato uno dei dieci selezionati tra i 400 candidatisi al bando “Think for social” di Fondazione Vodafone presieduta da Alex Zanardi. «Al termine dell’Innovation week alla quale abbiamo partecipato abbiamo ottenuto 30mila euro e l’accesso a un programma di accelerazione di quattro mesi all’interno di PoliHub», racconta Salfi che, adesso, spera che il suo progetto possa essere tra i migliori tre che a novembre otterranno un ulteriore growth grant pari a oltre 200mila euro.

«Dal momento in cui è stata fatta la diagnosi ho cominciato ad assegnare, agli studenti che me ne facevano richiesta, tesi di laurea che avessero come obiettivo la realizzazione di ausili basati su dispositivi mobili come smartphone e tablet per supportare nel quotidiano un disabile visivo», racconta Salfi che sta lavorando al perfezionamento della piattaforma composta occhiali e cintura utile a non vedenti e ipovedenti di interagire con la realtà circostante attraverso un sistema che riconosce immagini, ostacoli, oggetti, colori e trasmette informazioni attraverso audio e vibrazioni. «Più semplicemente – spiega Salfi – possiamo far sì che chi ne ha bisogno possa sapere di essere in presenza di un ostacolo grazie alla vibrazione delle stanghette».

E non è tutto qua. La piattaforma «è pensata come una costruzione a mattoncini – continua Salfi -, e può essere implementata con app di utilità diversa compatibili con le esigenze specifiche di chi deve utilizzarla. In questo momento, oltre alla funzionalità base dell’individuazione degli ostacoli, ce n’è una che permette di riconoscere il colore di un oggetto e quella per ottenere la versione vocale di un testo scritto». Il programma di accelerazione, e i 30.000 euro del seed grant, inoltre sono stati destinati alla realizzazione di una applicazione per il riconoscimento delle banconote e la lettura delle etichette, in particolare quelle dei farmaci. «Ma nelle nostre intenzioni – aggiunge – c’è lo sviluppo di una app per la misurazione del glucosio nel sangue, una per la pressione sanguigna, e un’altra per riconoscimento facciale che, per esempio, sarebbe più che utile per gli insegnanti che potrebbero sapere con quale studente interagiscono senza l’aiuto dell’assistente».

Dietro la onlus vEyes non c’è alcun scopo di lucro. Tutte le app già sviluppate sono disponibili per il download gratuito nel sito dell’associazione. «La mia piattaforma sarà sempre open source e le applicazioni sono messe a disposizione dopo il completamente dei test – sottolinea Salfi -. Diverse multinazionali mi hanno proposto l’acquisizione della piattaforma base, ma non sono interessato. Chiunque deve poter aggiungere il proprio mattoncino, o applicazione che dir si voglia, al dispositivo base che può essere realizzato in economia». Per questo Salfi, con la sua vEyes, vorrebbe conquistare uno dei tre growth grant che Fondazione Vodafone mette in palio a novembre. «Se riuscissimo a ottenerne uno mi piacerebbe acquistare dei banchi di lavoro per realizzare dispositivi su misura a prezzo di costo a chi me li chiedesse perché è assurdo lucrare sui dispositivi che migliorano la vita dei disabili – conclude -. Un esempio? Un bastone bianco elettronico costa 800 euro, quando il suo costo di fabbrica non va oltre i 50».

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