Wise Society : Viaggio in New England, la culla delle start up green statunitensi

Viaggio in New England, la culla delle start up green statunitensi

di Emanuele Bompan
28 Aprile 2014

Il cuore dell'innovazione cleantech americano è nella costa orientale degli Usa. Lì è nata Action, rete di incubatori d'imprese che include anche un hub produttivo trentino

La Silicon Valley della green economy? Non cercatela in California. L’hub delle start up cleantech infatti si trova sulla costa opposta, nel quieto New England. Supporto statale, reti di ricerca, l’influenza delle grandi università del Massachusetts, MIT e Harvard su tutte, ma anche un’attenzione a risparmio energetico ed energie rinnovabili da parte di cittadini, pubbliche amministrazioni e impresa privata. Dal Connecticut fino al Maine il nuovo imperativo è sviluppare neo imprese legate alle tecnologie per l’ambiente: dalle batterie super efficienti a sistemi di monitoraggio dei consumi, da nuove generazione di pannelli solari a digestori e modelli di sfruttamento di biocombustibili sostenibili.

Basta addentrarsi dentro le pareti di GreenTownLabs, un incubatore cleantech nato a pochi passi dal MIT di Boston per capire l’atmosfera che contraddistingue questi luoghi. «Ospitiamo qua oltre 40 compagnie» racconta Elizabeth Barno, responsabile pubbliche relazioni di GreenTownLabs. «Ognuna – continua – riceve servizi di consulenza per far crescere la propria impresa, dispone di un spazio di lavoro e se serve anche uno spazio in laboratorio per realizzare i propri prototipi». Start up come Sistine Solar, un’impresa che produce pannelli solari di design componibili, che possono diventare installazioni artistiche o cartelloni pubblicitari, minimizzando l’impatto urbano di pannelli solari a parete o installati su pensiline. Oppure Crowdconfort, un sistema dove è possibile controllare riscaldamento e raffreddamento in luoghi pubblici con il proprio cellulare.

Altri incubatori, come l’Institute for Energy and Sustainability di Worchester, non hanno necessariamente una sede. «Noi lavoriamo in maniera virtuale con numerose neo imprese – racconta Chris Noonan -. Forniamo servizi di accompagnamento e di formazione, mettiamo in contatto le aziende con possibili investitori, le aiutiamo a sviluppare prototipi, in modo da arrivare sul mercato con un’impresa solida alle spalle»

Sono talmente tanti gli incubatori che, tutti insieme, qualche anno fa hanno deciso di costituire Action, un’associazione per implementare le proprie reti. «Il New England – spiega la direttrice esecutiva, Gillian Isabelle – è diventato la Silicon Valley del cleantech in virtù dell’eccellente ecosistema imprenditoriale per imprese di questo tipo: solidi reti, tantissime istituzioni con programmi di ingegneria avanzata nel settore cleantech che hanno generato questo humus per far crescere nuove imprese. Certo ci sono altre realtà che stanno costituendo dei cluster importanti, come Austin, Texas o la North Carolina, ma ancora non hanno la solidità che abbiamo noi».

Action, oggi, include dodici incubatori che supportano quasi 150 neo imprese nei loro primi passi. Ci sono quasi 500 persone attive in questi incubatori, con una forte concentrazione di giovani provenienti dalle università. «Ci sono anche giovani che nell’impresa dove si trovavano non potevano sviluppare la loro idea, hanno mollato tutto ed ora sono qua», spiega ancora Noonan.

Sebbene il mercato americano sia una terra di conquista per queste giovani imprese, tante guardano ai mercati europei. La stessa Action recentemente ha allargato i contatti della rete includendo tre incubatori: uno in Inghilterra, uno in Irlanda ed il terzo in Italia. «Abbiamo incluso nella rete “Progetto manifattura” di Rovereto, il primo incubatore di start-up green italiane», continua Isabelle. «Per noi – spiega – è un’opportunità per creare nuove sinergie imprenditoriali e trovare nuovi contatti per le nostre imprese per aprirsi a mercati interessanti. L’Unione Europea rimane promettente per il cleantech. Per le imprese di “Progetto manifattura”, invece, è interessante potersi collegare al nostro ecosistema imprenditoriale in New England». Action guarda anche con interesse anche a Sud America ed Europa orientale, dove conta presto di ampliare la sua rete.

Le tipologie di imprese accolte in questi incubatori sono molto variegate perché gli incubatori stessi hanno deciso di non specializzarsi in un unico campo, favorendo la diversità di tecnologie. «Così favoriamo l’ibridazione», commenta Isabelle. «Certo la vicinanza del MIT ha portato molte compagnie informatiche legate al cleantech: sistemi di gestione energetica, app per il controllo degli impianti di casa. In altri incubatori, in aree più rurali vediamo start up legate a digestori o biocarburanti. Ogni incubatore ha la sua vocazione territoriale».

Nello sviluppo di questo tipo incubatori è stato fondamentale l’intervento del pubblico, sebbene sia forte il finanziamento di investitori privati e di grandi imprese. Da un lato a stimolare il mercato cleantech è stato il Rggi, il primo mercato statunitense delle emissioni volontario a scala regionale che ha stimolato questo mercato. Dall’altro numerosi stati del New England hanno favorito nei piani di sviluppo economico il supporto a questo tipo di aziende, impiegando finanziamenti derivati da un’accisa sul costo dell’elettricità. La spiccata imprenditorialità americana e la vivacità culturale e scientifica della regione hanno fatto il resto.

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