Wise Society : Le tante vite di un chicco di riso

Le tante vite di un chicco di riso

di Mariella Caruso
7 Marzo 2014

Alla Curtiriso dal cereale ottengono anche energia e materie prime e dal prossimo anno si conoscerà la carbon foot print di ogni singolo pacco

Qual è la carbon footprint di un singolo pacco di riso che arriva nelle case degli italiani? Dal prossimo anno i consumatori di Curtiriso potranno conoscerla attraverso il Qr code che l’azienda italiana, facente parte della galassia Euricom, inserirà nel packaging o inserendo i dati in un’apposita sezione del sito internet che sarà dedicato all’iniziativa. «Ognuno dei nostri clienti potrà così conoscere la quota di Co2 equivalente alla produzione di quello specifico pacco di riso che ha acquistato – spiega a wisesociety.it la responsabile ambiente di Curtiriso, Valentina Lugano –. Il meccanismo è semplice: per il completamento del calcolo da noi già effettuato, che considera tutti i passaggi dalla semina all’arrivo al punto vendita, sarà lo stesso cliente a fornirci il tassello finale, quello che riguarda il trasporto del pacchetto dal punto vendita fino a casa sua».

Il progetto per il calcolo della carbon footprint, ovvero l’impronta di carbonio immessa in atmosfera per la produzione, è uno di quelli che, continua Lugano «identifica la “vocazione ambientale” di Curtiriso», alla quale è stato assegnato il premio “Practice +Sostenibile” nell’ambito della seconda edizione di Wigreen. «Una vocazione che risale al 2009 – aggiunge la responsabile ambientale dell’azienda – e coincide con l’ottenimento della certificazione di gestione del sistema qualità aziendale Iso 9001 dalla quale sono, poi, scaturite tutte le altre iniziative come la misurazione delle emissioni di gas serra e la partecipazione al bando di concorso del Ministero per l’Ambiente per la “carbon footprint” del prodotto».

Un progetto che, secondo Curtiriso, porterà un beneficio non soltanto ambientale all’azienda. «Per quanto possiamo sapere già molti clienti seguono l’impronta green facendo riferimento a quanto avviene già da tempo nel Nordeuropa con aziende che fanno del green e del carbon foot print una chiave di marketing strategica. Il nostro impegno verrà valorizzato ancora di più nei prossimi anni perché il mercato si sta muovendo in quella direzione. L’importante è far capire bene le motivazioni e qual è l’impegno aziendale. Per fare entrare il consumatore nella mentalità green non basta certo stampare un numero relativo alla C02, ma fargli capire come ci si è arrivati e qual è il suo significato».

Del resto lo slogan animatore della campagna di sostenibilità di Curtiriso è “Del riso non si butta via nulla”. Nemmeno la buccia. «Il nostro stabilimento – sottolinea – è dotato di una centrale termoelettrica a combustione di biomasse che ci permette di non buttare via nemmeno la cosiddetta “buccia del risone”, la lolla di riso che, insieme ad altri scarti come le paglie di riso, ci permette di ottenere energia elettrica che utilizziamo per il nostro stabilimento rivendendo il surplus al gestore e di ottenere una materia prima seconda che è la cenere di lolla di riso (utilizzata per la produzione di cemento o di refrattari per l’industria siderurgica, ndr)». L’impianto a biomasse di Curtiriso attiguo allo stabilimento di Valle Lomellina produce 4,5 Mw/h di energia della quale il 60% è rivenduta al gestore.

La “vocazione aziendale” di Curtiriso è estesa anche agli agricoltori che conferiscono il riso. «La nostra intenzione è quella di coinvolgerli il più possibile – spiega Lugano – per ottenere dei dati di campo veritieri e per spronarli al miglioramento continuo.  Dalla rendicontazione attuale, per esempio, ci siamo accorti che a impattare di più in merito alle emissioni di gas serra è l’utilizzo di fertilizzanti e il consumo d’acqua, quindi partiremo da consigli per ridurre l’utilizzo dei primi e razionalizzare la risorsa nel secondo caso».

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