Wise Society : In azienda? Ci vuole più filosofia

In azienda? Ci vuole più filosofia

di Redazione Wise Society
7 Aprile 2010

Dopo lo psicologo e lo psicoterapeuta, ecco il consulente filosofico. Una figura che aiuta ad affrontare crisi e dilemmi, e che svela i meccanismi automatici alla base dei propri comportamenti. Per vivere meglio, anche in azienda

Filosofia

Foto di Giammarco Boscaro/Unsplash

Nei momenti di crisi si cerca l’aiuto di uno specialista che possa offrire sostegno e consigli. Uno psicologo? Uno psicoterapeuta? Non è detto. In tutto il mondo, Italia compresa, si sta affermando la figura del consulente filosofico, una sorta di Socrate moderno che con il metodo maieutico si serve della forza del pensiero per uscire da dilemmi esistenziali, morali o decisionali. La consulenza filosofica nasce in Germania nel 1981 quando Gerd Achenbach, accusando la filosofia di essere diventata avulsa dalla vita reale, per primo ne rivendica il ruolo pubblico: del resto, nell’antica Grecia essa si occupava anche della saggezza (phronesis), ossia del modo in cui ciascun uomo può condurre la propria vita, e veniva pertanto considerata una disciplina “pratica”. Per capire come viene usata nel nostro Paese abbiamo intervistato il professor Luigi Perissinotto che coordina il Master Universitario in Consulenza Filosofica all’Università Ca’ Foscari di Venezia, master di cui è responsabile scientifico il professor Umberto Galimberti.

 

Siete gli unici a Venezia a offrire una specializzazione in consulenza filosofica?

A livello universitario siamo stati i primi. Subito dopo è partito il master proposto da una collaborazione fra le Università di Cagliari, Pisa e Napoli, poi quello di Roma Tre. Verona e Trieste ne hanno uno in cantiere. Ad aprire la strada sono state però le associazioni: tra le più rappresentative citerei Phronesis e Sicof. Entrambe fanno divulgazione, formazione e indicano una lista di consulenti riconosciuti.

 

Ma perché andare da un filosofo invece che da una analista?

Molti pensano alla consulenza filosofica come a un approccio di tipo intimistico-esistenziale, e in effetti non mancano gli studi dove è possibile sottoporsi a una seduta individuale. L’ambito in cui la consulenza filosofica può dare il meglio, a mio avviso, non è quello privato bensì il pubblico. Penso alle aziende, dove è molto richiesta, ma anche a organizzazioni di vario genere come le Asl, i Sert, i centri di igiene mentale, dove il filosofo lavora in equipe con altre figure professionali. Perché la filosofia ha ontologicamente bisogno di interagire e confrontarsi con gli altri saperi. E perché spesso non offre soluzioni ma un cambio di prospettiva.

 

Un esempio?

Penso a un ospedale pubblico dove mi è capitato di agire: nel reparto di pronto soccorso e terapia d’urgenza il personale infermieristico era entrato in crisi, c’era un alto tasso di assenteismo, spesso legato a depressione. L’incapacità di sopportare le sofferenze e la morte altrui, convivendoci quotidianamente, era vissuta come un’inadeguatezza professionale. Il consulente filosofico ha cercato di far capire agli infermieri che sarebbe stato inumano non avvertire tale sofferenza: attraverso il dialogo si è cercato di affrontare le ragioni ma soprattutto c’è stato il tentativo di allontanarsi da una visione cinica e asettica del mestiere per recuperare il senso di una professionalità da esercitare come uomini.

 

Quali sono le problematiche attuali in cui la consulenza filosofica potrebbe essere utile?

In primis, ci può aiutare a comprendere come molte scelte apparentemente individuali siano in realtà dominate da meccanismi, da automatismi che non siamo in grado di riconoscere, da interessi che non si presentano come tali; la nostra società ha una gran paura dello spirito critico ma ne ha un gran bisogno. C’è il grande tema dell’ingiustizia: qui lo scopo della filosofia è non farci vivere da ciechi. Un altro tema urgente, ma che risale ai Greci, è quello del rapporto con le culture altre e in genere con tutto ciò che è non è diverso, dall’immigrato all’omosessuale; da questo punto di vista in Italia siamo davvero indietro: oscilliamo fra il rifiuto e l’accettazione ideologica. Poi c’è il tema della responsabilità in relazione alla ricerca della propria felicità: come conciliare il benessere individuale con quello degli altri.

 

E per quanto riguarda dilemmi etici come l’aborto e l’eutanasia?

La filosofia non dà risposte ma può liberarci da strategie argomentative che non stanno in piedi. Per esempio dire che una cosa è giusta perché lo vuole Dio, è nella natura stessa delle cose o lo dice la scienza è un tentativo di delegare ad altri le risposte. La filosofia richiama alla responsabilità e alla necessità di prendersi carico di questi temi senza chiamare qualcuno a parlare per noi, fosse Dio, la natura o la scienza, ma relazionandosi con gli altri. E anche i problemi individuali vanno affrontati con un’interazione tra le persone, non nel chiuso di uno studio. La consulenza filosofica dovrebbe avere una funzione politica e aiutare a costruire una comunità in cui tutti possano “fiorire”, combattendo l’individualismo. Non penso al potere istituzionalizzato, ma alle polis greche, alle piazze dove la gente si riuniva per incontrasi e scontrarsi, per prendere decisioni ma anche mettersi in discussione.

 

Ma non esistono più luoghi pubblici di questo tipo…

Una volta a svolgere questa funzione c’erano le sezioni di partito e le piazze cittadine. Ma non penso sia venuta meno la voglia di affrontare insieme i problemi: lo si vede dalla vitalità di certi quartieri, dall’attivismo delle associazioni culturali e non profit. Anche la scuola è un luogo dove si potrebbe adottare questo tipo di filosofia. Sono luoghi necessari perché la società possa cambiare le cose: c’è bisogno di segnali forti e diversi, perché i meccanismi del potere sono forti e tendono a perpetuarsi. Per questo abbiamo bisogno della filosofia.

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