Wise Society : I consumatori premiano i beni immateriali

I consumatori premiano i beni immateriali

di Francesca Tozzi
21 Giugno 2011
SPECIALE : Vacanze sostenibili fra natura e patrimonio culturale

In Italia e nel mondo c'è bisogno di una svolta: per superare un sistema economico ormai insostenibile, correre ai ripari nei confronti dei danni ambientali e fare in modo che il profitto non sia più a discapito del benessere collettivo. Sono i punti fondamentali di un recente convegno organizzato dalla Fondazione Plef, che ha individuato anche strategie concrete: rilanciare i consumi immateriali, e superare il PIL a favore del BES

Il nostro è un Pianeta ormai estenuato, con risorse destinate a esaurirsi e incapaci già oggi di soddisfare le necessità di tutti. E il sistema economico stesso ha rivelato la sua insostenibilità a lungo termine. C’è chi ha provato a contrapporre all’approccio della crescita, al financial capitalism e al materialismo strumentale, l’approccio opposto: quello della decrescita. Ma quanto può conciliarsi davvero con la logica d’impresa e quanto può soddisfare i bisogni di gratificazione dei consumatori “maturi”? La Fondazione Plef, Planet life economy, (www.plef.org) nasce proprio per promuovere la realizzazione di un nuovo modello economico e sociale in grado di creare “valore” superando le tesi contrapposte della crescita e della decrescita. La chiave di tutto è spostare i consumi dai prodotti alle esperienze, dalla gratificazione materiale a quella emotiva, relazionale e culturale: questo devono fare le imprese del terzo millennio se vogliono che il profitto torni a generare benessere. Non a caso è Nutrire il pianeta di immaterialità il titolo del convegno organizzato dalla Fondazione lo scorso 8 giugno a Milano, un incontro importante in cui si è discusso di futuro e di economia sostenibile.

Verso una nuova coscienza planetaria

Promuovere una nuova coscienza planetaria che superi l’attuale sistema destinato a collassare. È questo l’invito dell’ungherese Ervin Laszlo, figura di riferimento a livello internazionale, cui è stata affidata l’apertura del convegno. Esperto di filosofia della scienza, è il fondatore della teoria dei sistemi e del Club di Budapest, nonché rettore della Giordano Bruno Global Shift University di Washington. Candidato al Nobel, si è dedicato allo studio della fisica e del cosmo fin dalla giovane età. La sua visione olistica lo spinge a promuovere una nuova coscienza planetaria che superi l’attuale sistema destinato a collassare: «Già Albert Einstein parlava dell’uomo come parte del mondo e del collegamento che c’è tra tutte le cose. Rispetto a questa interconnessione l’idea di vivere pensieri ed emozioni come singoli è, dunque, pure illusione» sottolinea Laszlo. La coscienza localizzata non appartiene alla condizione umana, ma si è sviluppata con le prime tribù del neolitico che persero di vista in fretta il rapporto fra i propri interessi e quelli degli altri. Una deviazione che ha spinto l’uomo a considerare la natura (non sentendosene più parte) come qualcosa da adattare ai propri bisogni, riproducendosi e potenziandosi al suo interno ma senza curarsi dell’effetto globale delle proprie azioni», dice ancora l’esperto ungherese. «Sappiamo che ci sarà un’altra bolla finanziaria dopo quella che ha portato alla crisi attuale ma non sappiamo quando, la Nasa prevede intanto entro la fine del 2012 un’emissione di massa solare che andrà a interferire con i campi elettromagnetici della Terra e se i sistemi di raffreddamento degli 800 reattori nucleari presenti non funzionassero gli effetti potrebbero essere devastanti. È necessario quindi inaugurare un nuovo equilibrio che riparta dalla coscienza dell’interconnessione del tutto, tema cui sarà dedicato il prossimo Forum mondiale della cultura», conclude Ervin Laszlo.

Un diverso modello di sostenibilità

Il tema della sostenibilità riguarda come non mai le aziende e la loro necessità di adottare un modello capace di armonizzare beni materiali e immateriali, un modello che non sia contrapposto alla logica del profitto e alla cultura d’impresa, ma che ne rappresenti un’evoluzione: «Nel 2004 l’attenzione delle imprese a questo tema non superava la soglia del 5 percento», spiega Paolo Ricotti che oltre a essere presidente della Plef e docente di Global Communication alla Bicocca di Milano, è stato a capo di gruppi come Heineken Italia, Coin e Perugina-Nestlè, «mentre oggi, secondo Eurisko, se ne preoccupa un’impresa italiana su tre. L’attuale modello socio-economico vede dominare i consumi materiali con una quota dell’80 percento a scapito di bisogni immateriali crescenti e ad alto potenziale, (legati a musica, sport, intrattenimento, turismo). Non si tratta di ridurre, ma di trasformare i consumi per aumentare la quota di quelli immateriali, capaci di produrre benessere e stimolare lo sviluppo senza pesare sul Pianeta», continua Ricotti.

«Una cosa è spendere 50 euro per un prodotto cosmetico, un’altra è spenderli per andare a un concerto, oggetto versus esperienza; una cosa è cambiare continuamente pc, un’altra è investire quei soldi per viaggiare. Solo interpretando e rispondendo a questi bisogni immateriali, il profitto delle imprese produrrà benessere sociale e sarà sostenibile», conclude. Beni immateriali come quelli legati all’arte, per esempio, non sono replicabili dalle multinazionali ma possono essere valorizzati dalle piccole e medie aziende, lo stesso vale per il know-how nelle scienze e per la varietà e diversificazione di culture, territori e aree naturali; se a questo si aggiunge che il 65 percento del patrimonio storico del mondo (Unesco) è concentrato in Italia, siamo potenzialmente il Paese più ricco della Terra e tendenzialmente leader nell’economia sostenibile. Interessante in questo senso è il progetto Home Food finalizzato a preservare il cibo tipico e la tradizione gastronomica italiana che si tramanda nelle famiglie, unendo ospitalità, turismo “sostenibile” e valorizzazione del territorio: le Cesarine, 500 signore sparse in giro per l’Italia, anche in borghi sconosciuti, aprono le loro case a italiani e stranieri perché possano cenare in un’atmosfera conviviale e familiare dove il cibo diventa un potente veicolo relazionale e culturale. Ogni Cesarina è specializzata in un solo menù che intreccia la storia personale e quella del territorio dove è cresciuta.

Oltre il Prodotto Interno Lordo

Il prodotto interno lordo è un indice non più sufficiente per valutare il livello di benessere di un Paese. Non a caso il presidente francese Sarkozy aveva istituito una commissione sul tema e il primo ministro inglese Cameron ha studiato un nuovo modello di sviluppo in collaborazione con gli statistici del Regno. Molti, non solo i politici, oggi ricordano le lungimiranti parole di Robert Kennedy in proposito, pronunciate durante il discorso tenuto nel 1968 alla Kansas University “Non possiamo misurare i successi del Paese sulla base del Prodotto Interno Lordo. Il PIL comprende l’inquinamento dell’aria, la pubblicità delle sigarette, le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine del fine settimana… Cresce con la produzione di missili e testate nucleari. … Misura tutto, eccetto ciò che rende la vita degna di essere vissuta”. Cosa misurare quindi? Si ragiona da un po’ di tempo alla ricerca di indicatori che possano andare a costituire un indice alternativo. In questo la ricerca ha preceduto la politica nell’elaborare il nuovo indice di Benessere Equo Sostenibile (BES). «Per poter misurare e monitorare il benessere di un Paese è necessario un approccio complesso e molti indicatori di tipo fisico, sociale, umano e ambientale organizzati in una struttura coerente», spiega Filomena Maggino docente di statistica presso l’Università degli Studi di Firenze e presidente dell’Associazione Italiana per gli studi sulla Qualità della vita. Prendiamo, per esempio, tre indicatori: qualità della vita osservata a livello individuale, coesione della comunità a livello sociale ed economico e impatto sul territorio, più un indicatore trasversale che è la valutazione dei costi in relazione ai benefici. In questo senso un’opera come la realizzazione della linea ferroviaria veloce che consente di arrivare in mezz’ora da Bologna a Firenze ha senz’altro migliorato la qualità della vita dei pendolari e quindi della comunità, ma quella del passante sotterraneo che ha permesso di recuperare altri cinque minuti ha avuto alti costi per il territorio e il tessuto urbano e ambientale di Firenze, con ricadute negative sulla comunità quindi forse non ne valeva la pena», conclude. In questo senso è interessante l’esperienza di Matteo Ricci, giovane presidente della Provincia di Pesaro e Urbino, che si è posto l’obiettivo ambizioso di fare della propria area un riferimento per la qualità della vita proprio partendo dai nuovi indicatori. Con risultati sorprendenti.

 

 

 

 

© Riproduzione riservata
Continua a leggere questo articolo:
  wp_term_relationships.term_taxonomy_id = 154 OR  wp_term_relationships.term_taxonomy_id = 6397 OR  wp_term_relationships.term_taxonomy_id = 1633 OR  wp_term_relationships.term_taxonomy_id = 1032 OR  wp_term_relationships.term_taxonomy_id = 3964 OR  wp_term_relationships.term_taxonomy_id = 1765 OR  wp_term_relationships.term_taxonomy_id = 1220 OR  wp_term_relationships.term_taxonomy_id = 6653 OR  wp_term_relationships.term_taxonomy_id = 1543 OR  wp_term_relationships.term_taxonomy_id = 6948
Correlati in Wise