Wise Society : L’Italia non è un paese per giovani
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L’Italia non è un paese per giovani

di Francesca Tozzi
23 Maggio 2012

L'ultimo rapporto dell'Istat fotografa un Italia dove i giovani sembrano aver perso la fiducia nel futuro. Rimangono a casa con i genitori oltre i 40 anni, non si sposano più e, in più di un caso su cinque, non studiano, non hanno un lavoro e nemmeno lo cercano più

Nel 2012, secondo le previsioni dell’Istat, il Pil nel nostro Paese scenderà dell’1,5% per poi risalire di mezzo punto nel 2013 mentre i consumi e gli investimenti continueranno il loro trend discendente. La visione sulla nostra economia nel prossimo futuro prospettata nell’ultimo rapporto annuale dell’Istituto nazionale di statistica, presentato ieri, non è rosea ma nemmeno sorprendente.

Crediti by Helen King/Corbis

A essere penalizzati saranno i giovani

E indovinate chi saranno i soggetti maggiormente penalizzati? Tanto per cambiare quelle che dovrebbero essere le forze fresche e nuove destinate a risollevare le sorti dell’Italia. Tra i giovani che hanno dai 25 ai 34 anni quelli che rimangono a casa vivendo sulle spalle dei genitori sono ormai il 41,9% dell’intera fascia; in aumento dato che nel 1993 erano il 33,2%. La metà non lo fa per scelta ma perché non è in grado di mantenersi e di pagarsi un affitto.

E quando se ne vanno? Sempre più tardi. Nella fascia d’età fra i 35 e i 44 anni, i figli che restano in casa sono arrivati al 7%, il doppio del 1993. Per non parlare di tutti quelli che, pur vivendo da soli, non arrivano comunque alla fine del mese perché il lavoro non c’è o i soldi non arrivano con puntaualità. E qui la fascia si allarga e si arriva ai quarantenni che ancora ricevono aiuti regolari dai genitori in una sorta di wellfare sostenuto dalle famiglie, un wellfare all’incontrario.

Aumentano i giovani che non studiano e non lavorano

Il dato che preoccupa di più nelle 300 pagine del rapporto è però un altro: i giovani che non studiano, non lavorano e nemmeno lo cercano più un lavoro, i cosiddetti Neet, sono in costante aumento: tra i 15 e i 29 anni hanno superato i 2 milioni, più di uno su cinque. Segno di una sfiducia generalizzata che, dopo la generazione dei “trombati”, rischia di portare a una nuova generazione di “depressi”. Non c’è quindi da stupirsi che i matrimoni siano in continua diminuzione – poco più di 217 mila nel 2010 mentre nel 1992 erano 100 mila in più – e che non si facciano più figli. Chi se li può permettere?



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