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Ponte di Messina: le ragioni del No

di Francesca Tozzi
6 Marzo 2013

Non si farà. La decisione del governo uscente di far calare il sipario sulla discussa opera è stata presa anche grazie alla pressione delle principali associazioni ambientaliste. Che hanno ribadito le loro obiezioni articolandole in cinque punti

In una fase quanto mai delicata per l’economia italiana, cala il sipario sul Ponte sullo stretto di Messina, tornato di recente alla ribalta fra promesse elettorali da realizzare e la ben evidente necessità di tagliare i costi. Da anni il fronte del sì, che prospettava cantieri aperti, nuovi traffici, posti di lavoro e sviluppo si contrapponeva a quello del no, che evidenziava di contro costi, scarse prospettive di ricavo e danni all’ambiente. Proprio quest’ultimo aspetto ha spinto Fai, Italia Nostra, Legambiente, Man e WWF a ribadire il proprio parere contrario al progetto giudicato poco sostenibile. Ed è stata anche la pressione delle associazioni ambientaliste a convincere il governo uscente a non concedere alcuna proroga al decreto che, dal primo marzo, farà perdere efficacia giuridica ai contratti stipulati per realizzare l’opera voluta da Silvio Berlusconi.

Non tutti hanno accolto favorevolmente la notizia. Secondo il Ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera fermare il progetto di costruzione del ponte è stato un errore mentre per il presidente della regione Calabria Giuseppe Scopelliti si tratta di un colpo mortale alla Calabria e alla Sicilia. Le ragioni del no, condivise dalle associazioni, sono articolate in cinque punti, non nuovi ma che è bene ricordare.

1. Il ponte sullo stretto costerebbe 8,5 miliardi di euro, più del doppio di quello con cui il General Contractor Eurolink, capeggiato da Impregilo, ha vinto la gara (3,9 miliardi rispetto ai 4,4 miliardi di Euro posti a base di gara). E dell’ordine del 39% in più rispetto al valore di partenza se si considera l’importo lordo di 6,1 miliardi di Euro, ripetutamente indicato dai progettisti.

2. Non si ripagherebbe con il traffico stimato visto che le previsioni degli stessi progettisti prevedevano che un incremento di costo del progetto nell’ordine del 15% avrebbe determinato un Valore Attuale Netto negativo. Si può immaginare il risultato con un incremento del 39% rispetto all’importo lordo. D’altra parte le stesse previsioni valutano, a regime, un utilizzo che si aggirerebbe attorno all’11% della capacità complessiva (11,6 milioni di auto l’anno, a fronte, appunto, di una capacità complessiva teorica dell’opera di 105 milioni di auto l’anno nelle due direzioni), configurando uno spreco di risorse.

3. Non è realizzabile dal punto di vista tecnico: si tratterebbe di costruire un ponte sospeso ad unica campata di 3,3 km di lunghezza, sorretto da torri di circa 400 metri di altezza, in una delle aree a più elevato rischio sismico del Mediterraneo.

4. Il ponte andrebbe a impattare su un’area ampiamente vincolata per gli straordinari valori paesaggistici e severamente tutelata dall’Unione Europea. Tra l’altro l’opera ricade interamente nell’area di due ZPS – Zone di Protezione Speciale (“Costa Viola” in Calabria e “Monti Peloritani, Dorsale Curcuraci, Antennammare e Area marina dello Stretto”, in Sicilia) e interferisce in entrambe le regioni con 11 SIC – Siti di Interesse comunitario.

5. Il progetto presenta ancora gravi carenze tecniche rilevate già dalla Commissione VIA – Valutazione Impatto Ambientale che, avanzando 223 richieste di integrazione, ha evidenziato come gli studi relativi ad alcuni interventi non abbiano un livello di approfondimento tale da essere parte di un progetto definitivo.

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