Wise Society : Per progettare la città ideale bisogna ascoltare le donne

Per progettare la città ideale bisogna ascoltare le donne

di Olivia Rabbi
10 Gennaio 2012

Perché non solo lavorano, ma fanno la spesa, accompagnano i bambini a scuola e portano anche i tacchi che fan sentire immediatamente i dissesti del manto stradale. Insomma sono i migliori indicatori della qualità della vita metropolitana. Un'indagine lo ha dimostrato

La città delle donne esiste e si può costruire: in poche semplici mosse, imparando a gestire meglio spazi, servizi e verde pubblico, con più illuminazione, maggiore pulizia e sicurezza. Ma, soprattutto, con un accento più forte sugli spazi per la socialità, dai mercati al luogo di lavoro, sui servizi di assistenza e su un approccio ecosostenibile.

Ad andare in questa direzione aveva provato a metà degli anni Novanta la Carta europea delle donne nella città, rimasta – almeno in Italia – lettera morta. Questa volta a prendere l’iniziativa è stata la sezione veneta dell’Inu, Istituto nazionale di urbanistica, che con il finanziamento della Commissione pari opportunità della Regione Veneto ha svolto la ricerca Abitare al femminile. In un anno di lavoro sono state raccolte le interviste di circa 500 donne fra 18 e 70 anni, residenti in sei Comuni del Veneto caratterizzati da dimensioni demografiche ed economiche differenti, dal turismo all’agricoltura: Venezia, Schio (Vicenza), Vittorio Veneto (Treviso), Rubano (Padova), Isola della Scala (Verona) e Occhiobello (Rovigo). A questo si aggiunge un range di un’altra quarantina di Comuni che hanno collaborato per via telematica.

La popolazione femminile come termometro della qualità della vita in città

 

«Il progetto è nato perché mi occupo di pianificazione e ho sempre avuto l’esigenza di misurare la qualità degli spazi abitati dal punto di vista della donna, il modello di misurazione più completo perché siamo soprattutto noi a vivere la città nella sua complessità fra lavoro, famiglia, cura degli anziani, utilizzo delle strutture di servizio e altro», spiega l’architetto Marisa Fantin di Inu Veneto, curatrice della ricerca con Manuela Bertoldo. Da qui la pubblicazione del volume omonimo curato da Ilaria Giatti per la parte grafica. L’equazione è semplice: se il luogo piace alle donne piace anche al resto della popolazione, specie quella “debole”. «Le donne hanno scarpe con i tacchi e sono le prime ad accorgersi dello stato della pavimentazione di strade e marciapiedi», continua Fantin, «fanno la spesa e si accorgono prima di altri del problema dei parcheggi, e sono più sensibili alla compatibilità fra gli orari della città e quelli della vita quotidiana». Dalla ricerca sono stati tratti gli spunti per azioni concrete da intraprendere sul territorio, ai diversi livelli istituzionali. «La partnership con la Regione è molto importante perché è un ente che ha il potere di legiferare sullo sviluppo urbano. Noi diamo suggerimenti su come costruire leggi urbanistiche secondo una logica diversa, e su questo aspetto di dialogo con le pubbliche amministrazioni abbiamo investito molte energie».

Parchi e piazze in cima al gradimento

 

Secondo la ricerca, oltre il 41 per cento delle donne riconosce i posti più belli della città in parchi, giardini, ambienti naturali e aperti, il 39,4 nelle piazze. Una dichiarazione d’amore per lo spazio pubblico e naturale nel quale socializzare, incontrarsi, costruire relazioni, che hanno espresso con diverse gradazioni tutti e quattro i profili emersi. Le donne fra 18 e 24 anni, residenti nei Comuni capoluogo, (studentesse/disoccupate e senza figli) ritengono che la piazza sia il posto più bello e il peggiore i bar non accoglienti; nei sogni, biblioteche e Casa per studenti.  La fascia d’età 25-44 anni, residente nei Comuni minori, (lavoratrici dipendenti con figli che si incontrano principalmente davanti alle scuole) trova la bellezza in città nelle piste ciclabili e il peggio nelle strade senza marciapiedi, e chiede più attenzione per parchi e giardini. Il luogo di lavoro è il primo punto di incontro per le donne da 45 a 64 anni (lavoratrici dipendenti o autonome con figli e residenti nei Comuni capoluogo) trovano nella piazza lo spazio urbano più piacevole e le stazioni di treni e autobus quelli peggiori, mentre chiedono a gran voce strutture come cinema e teatro. L’ultimo profilo appartiene alle donne over 65 (casalinghe con figli residenti nei Comuni minori) il luogo d’incontro più importante è il mercato, riconoscono nei parchi e giardini i posti più belli e vedono la bruttezza negli spazi privi di verde, mentre vorrebbero disporre di più centri culturali e spazi di incontro.

Sicurezza, mobilità sostetnibile e nuova concezione degli spazi di lavoro

 

Incassato questo grande patrimonio di dati, informazioni e bisogni, occorre partire per ridisegnare la città guardando con occhi femminili. Le linee guida comprendono una maggiore attenzione alla sicurezza (dai percorsi alle aree gioco per bambini), valorizzare il ruolo sociale del verde urbano (compresi orti urbani, “muri verdi” e giardini pensili), rendere l’intera città ecoefficiente e a basso impatto ambientale, sostenere le attività commerciali anche con la presenza di mercati con prodotti a km zero, facilitare la mobilità sostenibile a piedi e in bicicletta verso scuole e uffici, rendere sicuri gli spostamenti delle donne anche nelle ore notturne, incentivare la disponibilità di case a prezzi accessibili, ma anche nuovi servizi per cultura e tempo libero e la riprogettazione della città a partire dagli orari. Dulcis in fundo, imparare a pensare gli spazi del lavoro e della produzione come parte del tessuto urbano: strutture aperte e accessibili con spazi pubblici e verde ben curati, integrate con ristorazione, sale riunioni e conferenze, business center, centri di assistenza per la salute e la sicurezza dei lavoratori, alberghi, uffici bancari e postali, strutture per il tempo libero e altro. «Ciò che è emerso in modo inaspettato è proprio come lo spazio di lavoro sia visto anche come luogo di incontro», spiega ancora Fantin, «e quindi concepito come un vero e proprio ambiente di vita. Anche i bar dovrebbero essere ripensati come ambienti spaziosi e nel contempo riparati e sicuri, non per un caffé mordi e fuggi ma per sostare, incontrarsi oppure leggere senza essere disturbate».

Condivisione e pari opportunità

 

Una cosa è certa. Costruire una città “al femminile” non è solo dare forma allo spazio urbano, ma gettare le basi di una società nuova basata su parole chiave come integrazione, condivisione, pari opportunità. Non basta, quindi, saper prendere in mano la matita; il primo passo è costruire nuove relazioni e, soprattutto, permettere alle donne di avere voce in capitolo. Dice ancora la curatrice della ricerca:«I Comuni, sia quelli oggetto dell’indagine che altri, ci hanno chiesto di incontrare le donne per aiutarle a sviluppare meglio la loro componente creativa e immaginativa. A Venezia, lo Sportello donna del Comune chiede di costruire con noi una mappa visiva della città per facilitare l’orientamento e la conoscenza dei principali luoghi di interesse alle donne straniere. L’amministrazione di Vittorio Veneto, invece, vuole approfondire questo approccio per il progetto di recupero del centro storico sul quale stanno già lavorando. Con il Comune di Vicenza vogliamo organizzare un percorso partecipativo attraverso specifici workshop». Il gap da colmare è enorme, o così sembra. Il perchè è presto detto. «Le donne non sono mai state progettiste della città», conclude l’architetto Marisa Fantin, «i grandi  urbanisti sono sempre uomini».



 

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