Wise Society : Luca Iezzi, nucleare? Parliamone

Luca Iezzi, nucleare? Parliamone

di di Sebastiano Guanziroli
12 Luglio 2010

Giornalista, autore di un saggio sul tema, traccia i vantaggi e gli svantaggi dell'impiego dell'energia atomica per far fronte al fabbisogno del nostro Paese

Il dibattito a favore o contro il nucleare è ormai un dibattito storico, immobilizzato perlopiù su posizioni opposte e ideologicizzate. Difficile per l’opinione pubblica, soprattutto in Italia, maturare un’opinione seria e documentata.

Luca Iezzi, giornalista economico de “la Repubblica”, ha pubblicato lo scorso anno il libro Energia nucleare? Sì, grazie? (Castelvecchi editore) proprio con l’obiettivo di fare chiarezza, cercando di analizzare gli aspetti economici, ambientali e politici, spogliati dei risvolti ideologici.

 

Libro di Luca Iezzi, Energia nucleare? Sì, grazie? (castelvecchi editore)

Libro di Luca Iezzi, Energia nucleare? Sì, grazie? (castelvecchi editore)

Partiamo dal titolo “Energia nucleare? Sì, grazie?” e dai due punti interrogativi: non ci dobbiamo aspettare delle risposte, alla fine della lettura?

Bisogna aspettarsi delle risposte documentate ma non univoche. Dalla lettura emerge che il nucleare è una tecnologia, e in quanto tecnologia non è buona o cattiva in sé. Bisogna pensare agli obiettivi energetici, e in questo senso il nucleare ha delle garanzie, ma anche dei costi. In base a questi obiettivi si devono fare delle scelte, perché il nucleare è “una” delle risposte, non “la” risposta.

 

Infatti nel libro sostieni che «Il nucleare non può essere una scelta aprioristica nel tempo e nemmeno nello spazio».

Esatto, dobbiamo considerare tutte le variabili in campo in un dato momento storico: si devono fare delle scelte senza pensare che siano scelte definitive. Per esempio, in Italia, non ha senso appellarsi al referendum dell’87 per sostenere lo stop alle centrali. Il nucleare è una tecnologia che nel frattempo è cambiata, e quindi anche gli approcci politici devono cambiare. Infatti paesi come la Svezia, che negli anni ’80 avevano rinunciato, di fronte a un nuovo scenario hanno cambiato indirizzo.

 

Dal punto di vista strettamente ambientale, quali sono pro e contro della scelta nucleare?

Il grande vantaggio è la riduzione delle emissioni di anidride carbonica. Se il mondo lavora per ridurre le emissioni, il nucleare torna a essere una tecnologia da considerare. Gli svantaggi, principalmente, sono due. Innanzitutto lo smaltimento delle scorie, di cui ancora non si sa come liberarsi in modo definitivo e sostenibile. L’altro svantaggio è che il processo di produzione è pressoché uguale a quello del petrolio: si deve cercare un minerale, in questo caso l’uranio, e per farlo si interviene in modo massiccio e poco sostenibile su territori ed ecosistemi.

 

E dal punto di vista strettamente economico?

E’ un modello di business che costa molto all’inizio, perché vanno investiti enormi capitali per costruire le centrali. Quindi si rischia di arrivare al momento della produzione, molti anni dopo, con un contesto economico di mercato completamente diverso. E’ come se comprassi un’auto dovendo pagare già all’acquisto tutto il carburante che presumo di dover usare. Ma se poi interviene un grosso cambiamento, per esempio cambio luogo di lavoro, e le mie esigenze cambiano radicalmente? L’acquisto potrebbe rivelarsi sbagliato.

I vantaggi si vedono quando si va a regime, perché l’energia costerà molto meno di quella prodotta dalle centrali fossili, con l’ulteriore vantaggio che non si è esposti al rischio materia prima, perché il prezzo dell’uranio incide poco sul prezzo finale.

 

La scelta pro-nucleare va a discapito delle energie alternative o è possibile far coesistere i due pilastri?

Quando, in un futuro ancora lontano, le rinnovabili produrranno tutta l’energia necessaria, il nucleare diventerà superfluo, perché molto meno sostenibile.

Per i prossimi quindici vent’anni invece non saranno in competizione, perché viaggeranno su binari paralleli per coprire una parte della produzione. Saranno invece in concorrenza per accedere agli incentivi pubblici, e io ovviamente sostengo che la priorità debba andare alle rinnovabili, che hanno vantaggi “sociali” molto maggiori.

 

Che indirizzi si stanno dando i principali Paesi europei e le grandi potenze mondiali? Andiamo verso un mondo senza nucleare o con più nucleare?

Stiamo andando verso un mondo con più centrali, ma con una quota di energia prodotta che rimarrà stabile. Nel libro ho classificato tre categorie di Paesi: quelli che hanno già grandi centrali – come Usa, Francia, Giappone e Germania – che volevano liberarsene ma che hanno dovuto ripensarci, e quindi ora le sostituiscono e ammodernano. Poi i Paesi che vedono crescere i nuovi consumi energetici – come Cina e Brasile – e che dovranno dotarsi di centrali per sostenerli. E infine i Paesi di mezzo, che non hanno consumi in crescita né centrali nucleari. Avrebbero la possibilità di costruire centrali ma ciò comporta scelte politiche difficili da imporre. L’Italia, in questo, è il caso-scuola.

Centrale nucleare

Foto di Patrick Federi/Unsplash

Per l’opinione pubblica è difficile farsi un’idea in un contesto di scontro. E’ possibile trovare un’informazione scientifica seria?

In Italia è impossibile. Il mondo accademico è diviso e ideologicizzato, anche a causa del referendum: ci sono nuclearisti che hanno vissuto l’abbandono del nucleare come un affronto personale, dovuto al fatto che è stata smantellata l’industria per cui lavoravano.

All’estero invece il dibattito è più vario e pragmatico. Sullo stoccaggio delle scorie, per esempio, il dibattito scientifico si è molto evoluto, e molti hanno rivisto le loro posizioni.

 

Anche perché il dibattito scientifico influenza il dibattito politico…

Certo, e in Italia non abbiamo né l’uno né l’altro. L’argomentazione più forte che avrebbero in mano gli anti-nuclearisti in Italia è che solo un Paese serio, che dà garanzie serie, dovrebbe dotarsi del nucleare. Se devi convincere le persone che le centrali sono sicure, prima devi convincerli che sono serie le persone che prendono le decisioni per loro: come dire, prima di costruire le centrali bisogna costruire la fiducia…

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