Wise Society : Il futuro della tecnologia e dell’elettronica? È nel grafene

Il futuro della tecnologia e dell’elettronica? È nel grafene

di Michele Novaga
16 Marzo 2012

Ultra sottile e super resistente, il nuovo "oro elettronico", scoperto da due fisici russi premiati con il Nobel, è destinato a cambiarci la vita in molti settori: dalle batterie agli ioni di litio alla depurazione delle acque

C’è chi lo chiama materiale del futuro dato che possiede caratteristiche uniche come l’elevata resistenza meccanica, alte proprietà termiche, elettriche e meccaniche. E c’è chi lo definisce addirittura il materiale dei miracoli. Una cosa però è certa: il grafene, nuovo materiale dalle molteplici applicazioni, è destinato a rivoluzionare la nostra vita e quella delle generazioni a venire in tutto il Pianeta. Un po’ come fece il silicio negli anni ’60. Non sono molte le imprese che nel mondo lo lavorano. Le due principali sono in Usa ma ce n’è una anche in Italia.

Un materiale super sottile e dalle molte proprietà

 

Ma che cosa è il grafene? È un materiale “bidimensionale” che sta alla base di tutti i materiali grafitici ed è stato sintetizzato per la prima volta nel 2004 da Andre Geim e Konstantin Novoselov dell’Università di Manchester, la cui scoperta è valsa loro nel 2010 il premio Nobel per la fisica. Tra i suoi pregi c’è quello di essere anche impermeabile a ogni gas e liquido. È costituito da un singolo foglio di atomi di carbonio ( lo spessore è di appena 0,3 nanometri ) ossia cento volte più sottile di un capello umano e può migliorare le prestazioni di molti prodotti esistenti sul mercato come per esempio i microchip utilizzati nel settore dell’Information Technology. Se due o più fogli di grafene vengono sovrapposti si ottiene la grafite (3D). Grazie alla sua robustezza e flessibilità è facile da maneggiare. Ha una resistenza meccanica di circa 50 volte superiore a quella dell’acciaio, ha una conducibilità termica di più del doppio di quella del diamante, una elasticità pari a 6 volte quella dell’acciaio.

Dove si trovano gli impianti

 

Se ne sono accorti alcuni anni fa alla Direct Plus, una start up tecnologica dinamica con sede a Milano e laboratori tecnologici a Cleveland negli Usa, in Germania e nel parco scientifico e tecnologico Como Next a Lomazzo. Tanto da depositare nel 2006 presso l’USPTO (l’ufficio brevetti americano) una domanda relativa al processo di produzione di nanoparticelle di carbonio e grafene approvato poi nel 2010. Ed è proprio nel nuovo impianto di Lomazzo che vengono prodotte le nanoparticelle di grafene attraverso un semplice processo industriale.«Il grafene è uno dei nuovi materiali che presto rivoluzioneranno tanti aspetti della nostra vita, aprendo opportunità nuove in settori diversi, dall’elettronica alla depurazione delle acque, con un impatto paragonabile a quello del silicio negli anni Sessanta», racconta Giulio Cesareo amministratore Delegato di Directa Plus durante l’inaugurazione avvenuta qualche mese fa, spiegando il processo di lavorazione e produzione del grafene. Davanti al macchinario che produce 5 tonnellate di grafene attraverso un processo al plasma a 6000 gradi di calore (che poi è la temperatura della superficie solare) in grado di moltiplicare anche per 100 la produzione Cesareo aggiunge: «Si tratta di un processo innovativo su cui pochi, in passato, avrebbero scommesso. Siamo stati lungimiranti e oggi possiamo dire di avere vinto la sfida».

Un lungo iter di produzione

 

È un processo di produzione che impiega una materia prima abbondante e di uso comune, la grafite, per ottenere, a basso costo, con macchinari semplici ma innovativi, nanoparticelle di carbonio delle dimensioni desiderate. «La grafite naturale è un immenso pacchetto di atomi di carbonio che viene impregnato con sostanze chimiche che si infilano tra un foglio e l’altro», continua Giulio Cesareo, «una volta esposta al plasma con il nostro brevetto e la nostra tecnologia, il grande aumento di temperatura (6000 gradi) fa sì che le sostanze chimiche passino dallo stato liquido a quello gassoso facendo esplodere i piani, che si distaccano. Una volta allontanati, un ulteriore trattamento, stavolta più morbido, permette che i piani vengano divisi concretamente. Noi otteniamo piani nanometrici e uno spessore sottilissimo. Il nostro processo è come una fisarmonica prima chiusa e poi aperta. Nei piani una volta distaccati è più facile inserire i materiali perché diventano assorbenti». Grazie alle diverse dimensioni ottenibili, le particelle di carbonio G+ (nanografite e grafene) possono essere impiegate in numerose applicazioni, tra cui: batterie agli ioni di litio per auto ibride ed elettriche, pneumatici, elettronica, trattamento acque, inchiostri conduttivi, tessuti tecnici, composti polimerici, etc. Rispetto alle tradizionali nanoparticelle di carbonio, le nanoparticelle G+ presentano notevoli vantaggi: hanno eccezionali proprietà elettroniche e termiche (altissima conduttività), ottiche (trasparenza alla luce), meccaniche (alta resistenza ed elevato coefficiente elastico). Inoltre, grazie ad un costo di produzione competitivo, sono effettivamente impiegabili in ambito industriale. Per ora il prodotto è stato testato sulle gomme delle auto e delle biciclette e sulle batterie agli ioni di litio per le auto ibride ed elettriche e la sua produzione dovrebbe raddoppiare entro un paio di anni e crescere esponenzialmente nel 2017.

A cosa può essere utile

 

Con un grammo di grafene si può depurare l’acqua contenuta in una bacinella. L’esperimento mostra come il grafene riesca ad assorbire completamente 100 grammi di olii esausti restituendo all’acqua la sua purezza. E la stessa cosa avviene versando degli idrocarburi sulla sabbia aggiungendoci poi il grafene e successivamente acqua: nel recipiente gli idrocarburi vengono come aspirati dal grafene restituendo alla sabbia il naturale aspetto. Sull’impatto ambientale della produzione di nanoparticelle, Giulio Cesareo aggiunge: «Abbiamo deciso di attuare una politica di grande trasparenza: misuriamo il numero di nanoparticelle all’interno del nostro impianto produttivo e quelle che, filtrate, vanno nell’atmosfera. I valori misurati nel nostro stabilimento sono 15.000 nanoparticelle per centimetro quadrato. Nel centro di Milano sono oltre 90.000». Come dire, a produrre queste sostanze si è meno esposti all’inquinamento che durante una passeggiata tra il Duomo e piazza San Babila.

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