Wise Society : Acqua e sostenibilità: i progetti di Susan Murcott per l’accesso a fonti pulite

Acqua e sostenibilità: i progetti di Susan Murcott per l’accesso a fonti pulite

di Michele Novaga
22 Novembre 2012

La scienziata del Mit di Boston parla del suo impegno per portare acqua ai due miliardi di persone che non ce l'hanno. Con soluzioni efficaci e low-cost, come il filtro anti-arsenico

La vita di Susan Murcott, professoressa al dipartimento di ingegneria civile e ambientale al Massachusetts Institute of Technology di Boston, è divisa in due parti.

Una prima in cui si afferma come ingegnere e lavora ai mega impianti idrici di varie città del mondo (San Paolo, Città del Messico, Rio de Janeiro, Pechino) occupandosi di trattamento delle acque reflue.

E una seconda che inizia dopo il 1997 quando, durante un viaggio in Nepal, si rende conto di come l’acqua sia un bene prezioso, ma non accessibile a tutti. Quasi una rivelazione che la porterà a modificare anche il suo lavoro.

«Ad un dibattito organizzato da un gruppo di donne», ha raccontato Murcott a wisesociety.it, «una di loro, analfabeta, che aveva camminato due giorni per venire dal suo villaggio ad incontrarmi, mi chiese una soluzione per la malattia del figlio che stava male poiché beveva acqua contaminata e da lì è cominciato tutto».

 

Lotta agli sprechi e gestione sostenibile

 

Con un gruppo di suoi studenti dà inizio a un progetto nuovo e diverso: la ricerca di sistemi poco costosi, ma efficaci, per portare l’acqua dove questa risorsa è ancora un miraggio. E si pone un obiettivo concreto: arrivare a raggiungere un miliardo di persone.

«L’acqua è la base del nostro essere, della vita stessa» dice Marcott, «chi vive nel Nord del mondo la usa in maniera smisurata, per cucinare e lavarsi, visto che grazie alla tecnologia, ha avuto la fortuna di avere l’acqua corrente in tutte le case».

E aggiunge: «il mio lavoro è orientato verso quelle persone che non beneficiano di questa risorsa e che sono almeno un miliardo o forse due». La studiosa snocciola statistiche delle Nazioni Unite che raccontano di come 2,5 miliardi di persone (circa il 40 percento della popolazione mondiale) non abbiano acqua potabile.

«È una situazione insostenibile. Deve esserci un cambio radicale attorno all’acqua come riguardo all’ambiente e al cibo. Il mio lavoro consiste proprio nel cercare di trovare soluzioni a questo problema anche se so che non si può cambiare tutto subito».

 

Un sistema di purificazione in Ghana

 

Ma le cose possono essere cambiate. E Marcott lo ha dimostrato con i fatti. Nei sette anni in cui ha lavorato in Nepal lei e il suo team di studenti sono riusciti ad elaborare un filtro per combattere la contaminazione delle acque da arsenico.

«Questo tipo di inquinamento riguarda 200 milioni di persone nel mondo. Il nostro lavoro in Nepal ha portato acqua pulita a 200 mila persone. Peccato che l’insurrezione dei maoisti e l’instabile e poco sicura situazione politica ci abbia allontanati dal paese».

Susan successivamente lavora in Ghana ad un sistema di purificazione delle acque. Col suo progetto un milione di persone in più in quel paese hanno ora accesso all’acqua pulita direttamente da casa.

«I sistemi che portano le acque pulite in tutte le case del nord del mondo sono molto costosi. Io vengo da Boston e l’acquedotto della mia città che serve tre milioni di persone costa un miliardo di dollari.

Quattro sono i miliardi di dollari che servono invece per ripulire queste acque. Cifre impossibili in paesi in cui le persone guadagnano uno o due dollari al giorno.

Loro non hanno bisogno di un sistema così sofisticato ma di soluzioni low cost. Ed è quello a cui mi dedico cercando di capire quali nuove soluzioni gli ingegneri come me possano trovare utilizzando risorse e personale locale».

 

Credere nei giovani e dare ascolto alle donne

 

Poi Susan, che insieme ai suoi studenti ha già vinto vari premi e riconoscimenti internazionali, aggiunge: «l’acqua pulita per tutti gli abitanti del Pianeta costerebbe un sedicesimo del budget che gli USA hanno impegnato nelle guerre di Iraq e Afghanistan».

Una constatazione amara, ma che porta con sé anche una grande speranza: quella che sempre più persone nel mondo prendano consapevolezza di questo problema e possano fare la loro parte. Aggiunge Murcott: «ho visto segnali positivi soprattutto da parte dei giovani che ora possono viaggiare e, attraverso internet, condividere di più le proprie idee ed esperienze».

Infine, come rendere le nostre società più sagge? la scienziata del Mit non ha dubbi: «Dobbiamo dare più ascolto alle donne perché dobbiamo cambiare nel mondo quello che Eisenhower chiamava il complesso militare industriale.

Non avremmo bisogno di combattere il terrorismo se combattessimo la povertà con gli stessi budget che gli Usa destinano alle guerre. Dobbiamo dirottare questi fondi destinandoli ad operazioni di peace keeping e a iniziative per portare acqua e cibo alle persone che non ne hanno”.

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