Wise Society : Pesce fresco? Guardalo negli occhi

Pesce fresco? Guardalo negli occhi

di di Francesca Tozzi
11 Novembre 2013

Quello migliore proviene dal Mediterraneo, dove il mare è più sano. Sì al pesce azzurro, dalle sardine alle meno conosciute aguglie, perchè ricco di omega3. E infine, per non sbagliare bisogna osservare il pezzo da acquistare con molta attenzione: dalla pelle allo "sguardo"

C’è chi dice che il pesce va mangiato almeno tre volte alla settimana e chi lo sconsiglia per via dei metalli pesanti che si accumulano nelle carni di molte specie, chi cerca gli omega3 nel nostro pesce azzurro e chi si lancia su salmoni e tonni, ma anche chi tesse le lodi del pescato e chi quelle dell’itticoltura. Come scegliere quello migliore basandoci su etichetta e aspetto? Il tecnologo alimentare Giorgio Donegani ci ha dato qualche utile dritta

 Come si sceglie

La prima cosa da guardare è che tipo di pesce stiamo acquistando. La legge obbliga a indicare in etichetta la denominazione precisa delle specie. Non è un aspetto secondario, perché alcune si somigliano e si confondono facilmente pur avendo caratteristiche diverse dal punto di vista qualitativo e nutrizionale. Non tutti, per esempio, distinguono l’acciuga dalla sardina nonostante la prima, più pregiata, sia caratterizzata da un taglio della bocca che si prolunga sotto l’occhio; altri esempi: sogliola e platessa, branzino e orata dove il primo è meglio del secondo.

La seconda cosa da considerare è se il pesce è stato pescato o allevato e non è detto che il selvaggio sia sempre meglio di quello d’allevamento. Il secondo è sempre stato molto penalizzato dai media, ma in realtà l’itticoltura ha avuto il merito di incrementare i consumi del pesce e di portarlo sulle tavole degli italiani a un prezzo più basso. L’allevamento è controllato quindi il prodotto è sicuro. Permette inoltre di non sottostare ai capricci della pesca perché gli approvvigionamenti seguono le richieste del mercato senza buchi, senza sprechi e senza giacenze con il risultato che il pesce allevato ha un grado di freschezza che il pescato non può sempre garantire. Ultimo vantaggio, la pezzatura: negli allevamenti il pesce viene pescato quando ha la misura giusta mentre chi pesca vende quello che tira su e compare una spigola di 3 kg può essere una bella impresa.

 

Come leggere l’etichetta e scegliere il pezzo migliore 

Come leggere l’etichetta

Se c’è il nome del pesce seguito dal Paese fra parentesi per esempio Branzino (Italia) significa che è stato allevato in Italia. Nel caso il pesce sia selvaggio ci sono due tipi di indicazioni. La prima è la dicitura: pescato nel Mar Mediterraneo, o nel Pacifico, o nell’Atlantico con indicazione della zona che può essere Nord-Orientale, Nord-Occidentale e via dicendo. A volte la zona di cattura del pescato è identificata con le sigle delle zone FAO per esempio al Mar Mediterraneo corrispondono le Zone FAO 37.1, 37.2, 37.3; 51 e 57 per l’Oceano Indiano, l’Atlantico è 21 se Nord-occidentale e 27 se Nord-orientale e via dicendo. Conoscere la zona di cattura è importante perché la sicurezza delle acque di un tratto di mare destinato all’allevamento non può essere garantita in mare aperto dove i pesci mangiano ciò che trovano. Il problema del mercurio, della diossina e dei metalli pesanti si ha con i pesci selvaggi. Infine, in etichetta deve essere per legge indicato se il pesce è stato scongelato o meno.


Preferire le specie del Mediterraneo

Dopo lo scandalo dei polli alla diossina in Belgio, sono stati fatti dei controlli a tappeto anche sul pesce da cui è emerso che la diossina è un contaminante diffuso anche nei pesci a causa dei residui industriali scaricati in mare; ha bisogno di tempo per accumularsi nelle carni e quindi in particolare si ritrova nei pesci più grossi e longevi e nei mari freddi. Il Mediterraneo è un mare caldo caratterizzato da specie piccole che non hanno il tempo di immagazzinare la diossina nel proprio corpo. In generale, quindi, i pesci del Mediterraneo sono più sani e da preferire a parità di specie. Il nostro tonno, per esempio, è più pregiato di quello dell’Atlantico; non a caso i giapponesi vengono a pescarlo da noi per fare il sushi. Non esistono poi solo l’orata e il branzino e il pesce azzurro non si esaurisce nella triade sardine, acciughe e sgombri: ci sono anche le aguglie e gli spratti, tutti ricchi di omega3.

Il pezzo migliore

La pelle del pesce deve essere lucida, brillante, ben tesa e non troppo asciutta, le squame ben aderenti al corpo: nel pesce freschissimo c’è quasi un muco traslucido che le ricopre; le squame non dovrebbero staccarsi facilmente nemmeno passandoci sopra un dito in direzione contraria. Questo perché il pesce ha carni delicate e facili prede dei batteri ma risente anche dell’attività degli enzimi contenuti all’interno delle cellule che, una volta morto, cominciano a digerirne i tessuti attaccando le proteine. Per questo man mano che invecchia, la carne del pesce perde via via consistenza e non tiene più attaccate le squame. Se si solleva il pesce prendendolo dalla testa, deve rimanere un po’ rigido. La carne deve essere elastica per cui se si preme con un dito e rimane la fossetta il pesce non è fresco. L’occhio deve essere bagnato, brillante e convesso; in caso di occhio appiattito o incavato meglio lasciare perdere. Le branchie del pesce fresco sono intatte e rosate: il fatto che lascino colare del liquido scuro è indice di un’alterazione. Pinne e coda non sfilacciate e ventre non gonfio sono altri due indici di freschezza e salute. L’odore, infine, non deve essere troppo forte e mai sgradevole né avere sentori di ammoniaca.


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