Wise Society : Attenzione al cibo “cattivo”: può dare dipendenza come alcool e droghe

Attenzione al cibo “cattivo”: può dare dipendenza come alcool e droghe

di Fiorenza Da Rold
15 Settembre 2011

Molto di quello che mangiamo contiene ingredienti dannosi che innescano nel nostro cervello meccanismi di assuefazione. Ecco perchè l'obesità è sempre più diffusa nel mondo e cosa dovremmo fare per prevenirla

Il cibo sta diventando sempre più un’insidia, una vera e propria dipendenza. L’obesità è ormai un fenomeno worldwide: non più soltanto numeri record negli Stati Uniti, ma adesso anche in Russia e persino nei Paesi in via di sviluppo contaminati dalla globalizzazione. È il grido d’allarme lanciato  da tutti i più importanti organismi internazionali a cominciare dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.

Come si spiega? In perfetto accordo con gli avanzati meccanismi del postconsumismo, il cibo è sempre più facilmente disponibile e al centro di un’economia improntata al profitto: con un’industria che lo produce utilizzando parametri sempre più sofisticati per incentivare i consumi, a scapito anche della genuinità dei prodotti. Basta guardare l’etichetta degli alimenti industriali per verificare spesso la presenza di ingredienti (zuccheri chimici, grassi idrogenati, sale, esaltatori di sapidità) in grado di provocare quasi assuefazione a livello gustativo senza aggiungere valore alla nutrizione e in alcuni casi provocando danni alla salute, tra cui sovrappeso e obesità. Come funziona tale processo biologico? Succede che gli attributi gratificanti del cibo soppiantino la reale necessità alimentare delle persone, mediante una vera e propria interferenza con i sistemi cerebrali che ne regolano l’assunzione. Così, ai meccanismi metabolici (che regolano l’istinto della fame e i livelli dei vari nutrienti nel sangue e nei depositi corporei) si sostituiscono pericolosamente quelli edonici (basati sugli attributi puramente gratificatori del cibo), i quali utilizzano i circuiti cerebrali coinvolti nell’addiction. A questa conclusione sono arrivati i ricercatori del Dipartimento di Psicologia dell’Univesità di Oxford  e dell’Università di Leeds che hanno pubblicato due articoli scientifici, completi di dati, dai quali emerge che nei processi di attrazione al cibo la componente del liking (la parte alimentare affettiva) si mescola ambiguamente con quella del wanting (la parte alimentare compulsiva), proprio come nei comportamenti di dipendenza.

L’potesi è ulteriormente confermata da alcune ricerche in corso all’Istituto di Bioimmagini e Fisiologia Molecolare del CNR a Milano: lo studio del cervello attraverso la PET ha evidenziato infatti nei soggetti obesi alcune anomalie nelle risposte dei recettori cerebrali in relazione alle loro alterazioni del comportamento alimentare; si tratta dello stesso tipo di recettori che governano altri fenomeni di dipendenza come il consumo di oppiacei, l’alcolismo e persino il gioco d’azzardo. Per correre ai ripari è innanzitutto necessario utilizzare le informazioni della ricerca scientifica, che dovrebbero essere accolte da parte degli amministratori pubblici e inserite nelle linee guida di una politica sociale improntata a capillari azioni di prevenzione. E si tratta di un importante vuoto culturale da colmare, perché attualmente chi ha problemi di alimentazione, sovrappeso e obesità si rivolge ai dietologi, con costi sanitari in costante aumento. La prevenzione a livello sociale sarebbe invece l’elemento fondamentale per affrontare questo fenomeno. E per fortuna qualcosa si muove nella giusta direzione: in Italia il Ministero della Salute sta studiando un programma di educazione alimentare che cominci fin dai primi anni di formazione scolastica, coinvolgendo genitori e famiglie. Perché ognuno possa capire quali sono i cibi buoni che fanno star bene.


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